“Le storie delle persone sono indispensabili per mantenere viva la memoria”
Intervento di Dino Latini in occasione della seduta del Consiglio regionale dedicata al Giorno della Memoria - VIDEO
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare”. Sono parole di Primo Levi che il Presidente del Consiglio regionale, Dino Latini, ha scelto di riproporre nel suo intervento per la seduta aperta dell’Assemblea legislativa dedicata al “Giorno della Memoria”.
“Attraverso tutti i suoi apparati, la fabbrica della morte del Terzo Reich – ha proseguito – portò allo sterminio fisico di circa 15 milioni di persone considerate inferiori e indesiderabili per motivi razziali e politici”.
Per evitare il rischio di ridurre il tutto ad “un superficiale resoconto di numeri, date e foto scolorite dal tempo”, secondo Latini è necessario “narrare le storie delle persone, percepire i loro sentimenti, il dolore e la disperazione”.
Tra tante, il Presidente porta in primo piano quella di Gena Turgel, divenuta poi “la Sposa di Belsen”. Ragazzina polacca di 16 anni sopravvisse a quattro campi di concentramento, alla camera a gas ed ebbe anche l’occasione di conoscere e curare Anna Frank. Quando il campo di sterminio di Bergen – Belsen fu liberato dagli inglesi conobbe un giovane ufficiale dell’esercito, Norman Turgel, che divenne suo marito.
Visse fino a 95 anni con i tre figli e ben otto nipoti.
“Ho voluto narrare questa storia – ha sottolineato il Presidente – perché rappresenta un segno di speranza, di rinascita e di come, anche di fronte alla disperazione assoluta, la vita riserva sempre gioie inaspettate e la forza dell’amore supera anche la miseria umana. L’ho voluta narrare per riaffermare che tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti, come sancito dalla Dichiarazione universale sugli stessi diritti umani”.
E per non perdere la vera essenza del “Giorno della Memoria”, un richiamo al monito lanciato da Liliana Segre nel suo intervento nell’Aula del Senato lo scorso 18 gennaio. I viaggi della Memoria “non sono gite”, ad Auschwitz “si va in silenzio, con vestiti adeguati” come “in un santuario”, in “un modo civile, religioso, nostalgico” e “magari avendo saltato la colazione del mattino”.
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