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CGIL Marche: morti sul lavoro in crescita

"Considerando il calo delle ore lavorative a causa del Covid, fenomeno preoccupante e da indagare"

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Giuseppe Santarelli

Diminuiscono gli infortuni sul lavoro nelle Marche ma aumentano i morti. E’ quanto emerge dai dati dell’INAIL elaborati dalla CGIL Marche.

Da gennaio a novembre 2020, sono stati denunciati 14.153 infortuni, 3.369 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-19,2%). Un decremento molto importante determinato dai fermi produttivi e delle attività economiche avvenuti a causa del Covid.

Il territorio che presenta il minor decremento di infortuni è quello di Pesaro (-17), seguito da Fermo (-17,2%), Macerata (-17,6%), Ancona (-20,7%) e Ascoli Piceno (-22,7%).

Al di là delle statistiche, bisogna essere consapevoli che, dietro a quei numeri, ci sono lavoratori e lavoratrici in carne e ossa. Per questo, prima di tornare a piangere un altro morto sul lavoro, occorre intervenire a ogni livello con un’azione forte da parte di tutti, dalle imprese alle Istituzioni investendo in sicurezza, prevenzione, formazione, lavoro stabile e di qualità e condizioni di lavoro dignitose.

Anche se in diminuzione, restano comunque numeri importanti e preoccupanti tenendo conto di quello che è avvenuto proprio nel 2020 sul mercato del lavoro marchigiano: si sono persi, infatti, oltre 35mila posti di lavoro, di cui oltre 14mila di lavoro subordinato e sono state autorizzate da marzo 2020 ad oggi oltre 100 milioni di ore di cassa integrazione equivalenti al mancato lavoro di circa 60mila lavoratori a tempo pieno.

Se si osservano gli infortuni in occasione di lavoro, emerge che i più colpiti sono i lavoratori dell’industria e dei servizi dove peraltro gli infortuni diminuiscono solo dell’8,7%. Diminuiscono meno in particolare nei settori del terziario (-4,9%) che, nonostante le misure restrittive del Governo, ha quasi sempre lavorato regolarmente.

Se il maggior numero di infortuni riguarda gli uomini, è per le donne che si registra il minor decremento di infortuni denunciati: un terzo di quello degli uomini (rispettivamente -9,9% e -24%).

Risulta invece drammatico e preoccupante il bilancio degli infortuni mortali. Sono ben 43 i lavoratori che hanno perso la vita dall’inizio dell’anno, nello stesso periodo del 2019 erano stati 31.
Ben 37 sono avvenuti in occasione di lavoro e 6 in itinere (nel viaggio per andare al lavoro o per tornare a casa).

Dichiara Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche: “Questi dati mettono in evidenza come la pandemia stia determinando uno scadimento della qualità del lavoro e un allentamento nel rispetto delle regole che attengono alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro. E’ il segno che, dove non c’è stato fermo produttivo o dove si è ripreso dopo settimane di chiusura, l’attività produttiva è avvenuta senza la necessaria attenzione da parte delle imprese alla qualità del lavoro e dello sviluppo ed è stata tesa a recuperare il tempo perso ed i livelli di produzione attraverso l’aumento dello sfruttamento sul lavoro, dei ritmi e degli orari.”

Una strage inaccettabile che richiama alle responsabilità della classe imprenditoriale marchigiana e alla necessità che le istituzioni, dal Governo alla Regione, svolgano pienamente le loro funzioni di prevenzione, controllo, repressione e anche contrasto del lavoro irregolare, intervenendo anche incrementando adeguatamente gli organici e le risorse dedicate a tali compiti.

Un ruolo importante deve averlo anche la contrattazione collettiva che deve rimettere al contro le reali condizioni di lavoro, rivedendo in molti casi l’organizzazione del lavoro.

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