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Referendum sulla fusione dei comuni nelle Marche, modificata la legge

Se c'è discordanza nell'esito verrà chiesto un ulteriore parere ai Consigli comunali

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Francesco Giacinti

Via libera in Prima commissione affari istituzionali-bilancio alla modifica della norma sui processi di fusione dei comuni. Nella seduta del 3 dicembre è stata approvata a maggioranza la proposta di legge, a iniziativa della Giunta regionale, relatori il presidente Francesco Giacinti (Pd) e il vicepresidente Gianni Maggi (M5s), che aggiorna le norme per istituire un nuovo comune mediante fusione di due o più comuni.

La legge regionale del 1995 sul riordino territoriale si limitava a prevedere un referendum consultivo, senza definire criteri di valutazione sull’esito della consultazione. Con un emendamento la commissione ha proposto che, qualora ci sia discordanza tra la maggioranza degli elettori e il numero dei comuni, sarà necessario acquisire un nuovo parere dei Consigli comunali interessati.

Nel dettaglio si richiede un’ulteriore espressione delle singole amministrazioni comunali qualora la maggioranza dei comuni è favorevole, mentre la maggioranza degli elettori è sfavorevole o viceversa. In caso di parità tra comuni (es. due a favore e due contrari), si procede comunque se c’è la maggioranza degli elettori. Se entro 60 giorni le amministrazioni non si esprimono, si prescinde dall’acquisizione del parere e la Commissione trasmette la proposta di legge per la fusione al Consiglio regionale.

L’aggiornamento alla norma era stato sollecitato dal Consiglio regionale con una risoluzione approvata nel dicembre del 2016, a seguito del procedimento di fusione dei comuni di Serrungarina, Saltara e Montemaggiore al Metauro, sul quale quest’ultimo borgo si era espresso negativamente. Nel documento si chiedeva alla Giunta di presentare una proposta di legge per introdurre parametri in grado di valutare la volontà dei cittadini di ogni comune coinvolto. Alla pdl dell’esecutivo, presentata nel luglio del 2017, approvata oggi con l’emendamento della Commissione, sono state abbinate le proposte di legge a firma dei consiglieri Maggi e Fabbri (M5s) e del consigliere Giancarli (Pd).

“Le fusioni – spiega Giacinti – sono strumenti strategici e innovativi per migliorare l’efficienza delle amministrazioni e le istituzioni stesse. Possono aiutare i comuni a gestire i servizi, a razionalizzare la spesa e ad avere più risorse. Ma sono processi che non possono essere vissuti come forzature, devono essere spiegati e ampiamente condivisi dalla popolazione.

Per questo il referendum sulla fusione non può essere il punto di partenza, ma è il punto di arrivo, dopo una graduale presa di coscienza dei vantaggi e delle opportunità offerte. Senza questa premessa, la partecipazione al voto dei cittadini resterà bassa e la riuscita della fusione sarà molto difficile”. “Con questo emendamento – conclude il presidente – nel rispetto dell’articolo 133 della Costituzione e delle prerogative del Consiglio regionale, vengono definite chiaramente le ipotesi in cui si richiede un ulteriore parere ai Consigli comunali, prima di votare in Aula”.

Contrario il voto del relatore di minoranza, il vicepresidente Maggi, firmatario di una delle leggi abbinate. “Nella nostra proposta di legge – sostiene Maggi – si dice inequivocabilmente che se uno o più comuni votano contro la fusione, il referendum si blocca, perché privilegiamo comunque la volontà dei cittadini. Inoltre, come facciamo sempre, cerchiamo di migliorare le leggi che non voteremo in Aula, per cui avevamo chiesto di mettere un quorum almeno del 30%. Quale orientamento può dare un comune i cui cittadini disertano le urne? Anche questo emendamento è stato bocciato. Noi sosterremo in Aula questa tesi, se un comune è contrario, se i cittadini anche di un solo comune non vogliono, la fusione si ferma”.

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