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L’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati nella Regione Marche

Il report del Garante dei Diritti Andrea Nobili presentato ufficialmente a Palazzo delle Marche

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Andrea Nobili

L’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati nelle Marche nel Report 2018, realizzato dal Garante dei diritti in base alle visite effettuate negli ultimi mesi ed ai dati raccolti con la collaborazione del Servizio Politiche Sociali e delle Comunità educative che operano sul territorio.

Un quadro esaustivo della situazione, contemplando l’attività di 66 strutture, con un’attenzione particolare alle 45 che accolgono anche minori stranieri non accompagnati e che forniscono il primato alla provincia di Pesaro (19), seguita da quelle di Fermo (9), Ancona (7), Macerata (6) e Ascoli Piceno (4), per un totale di 235 posti su 670 disponibili.

Nel corso della presentazione ufficiale del report, ospitata a Palazzo delle Marche, il Garante, Andrea Nobili, ha fatto presente che “quella dell’accoglienza per i minori stranieri non accompagnati è una tematica difficile, che mette alla prova il sistema, presentando elementi di particolare complessità, in grado di rendere contraddittori gli strumenti di protezione”.

Criticità, necessità di fare rete e di monitorare costantemente la situazione, competenze e ricerca di nuovi strumenti d’intervento negli interventi del Presidente del Consiglio, Antonio Mastrovincenzo; del Vice Prefetto vicario di Ancona, Clemente Di Nuzzo; del Presidente del Coordinamento Comunità d’Accoglienza, Andrea Marangoni; del responsabile del Servizio Politiche sociali della Regione Marche, Giovanni Santarelli; del Presidente della Commissione sanità, Fabrizio Volpini, presente anche il consigliere regionale Gianni Maggi.

Tutto questo nella consapevolezza, come ha ribadito il Presidente Mastrovincenzo, che “i minori stranieri meritano tutta la nostra attenzione, nelle diverse fasi della loro permanenza sul territorio e soprattutto in quella del cosiddetto sgancio, una volta raggiunta la maggiore età. Dobbiamo lavorare insieme per garantire a questi ragazzi il miglior approccio alla società che li attende, anche sotto il profilo lavorativo, e la possibilità di un eventuale ricongiungimento con le famiglie di origine.

Dal monitoraggio effettuato, al 30 giugno 2018 si rileva una popolazione di 205 Msna, dato in linea con la fonte ministeriale che al 31.12 del 2017 rendeva nota una presenza di 204 minori. Per quanto riguarda i Paesi d’origine, la nazione di maggior impatto risulta essere l’Albania ed a seguire Pakistan, Senegal, Egitto, Gambia e Nigeria. Il 67% ha 17 anni, i sedicenni costituiscono poco meno di un terzo del totale, il 4,9% ha 15 anni ed il 6,9% riguarda le altre fasce d’età.

Sul versante del personale che opera nelle comunità, si ha una stima pari a 510 unità diversamente distribuite, con un minimo di 2 ed un massimo di 46 per ciascuna struttura. La presenza maggiormente rappresentativa riguarda il settore degli educatori, con il coinvolgimento di assistenti sociali, mediatori culturali, insegnanti ed animatori (58%). Risulta basso, comunque, il numero degli stessi mediatori per un totale di 24 in tutte le strutture prese in esame.

Altro settore quello sanitario con medici, psicologi, infermieri e, in minima parte, psichiatri (13%). I principali interventi proposti riguardano l’alfabetizzazione, le attività ludico – ricreative, la formazione lavoro, il sostegno psicologico, attraverso la messa in essere del Pei (Programma Educativo Individualizzato).

In base ai dati raccolti, nel 2017 sono transitati nelle comunità di accoglienza 374 minori, con un numero di dimissioni pari a 354.

La cosiddetta fase di “sgancio” avviene attraverso percorsi di uscita sostenibili, con azioni avviate già due o tre mesi prima del compimento della maggiore età. Sono poco più della metà, però, le comunità che mantengono rapporti con i ragazzi dimessi, lasciando aperti numerosi interrogativi sul destino di tanti minori.

Tra le criticità emerse per quanto concerne il lavoro quotidiano attivato dal personale con i Msna, figurano la scarsa acquisizione di autonomia, le difficoltà di accesso ai tirocini lavorativi ed all’iscrizione dei centri per l’impiego, la gestione dell’uscita, i problemi legati al ricongiungimento del minore con i familiari che si trovano all’estero, i tempi di attesa per il rilascio del permesso di soggiorno e, non da ultimo, l’utilizzo delle sostanze stupefacenti.

“In questo contesto – ha spiegato Nobili – si pensi a quei minori che vorrebbero raggiungere i loro familiari all’estero e si trovano, però, chiusa la possibilità di re location europea, che consenta di effettuare il viaggio in una situazione protetta. Vivono il collocamento in comunità come una costrizione ed appena possono cercano di proseguire il viaggio mettendosi nelle mani di trafficanti, esponendosi così a rischi concreti. Pesa l’assenza di un sistema europeo di protezione.

Ed il Garante invita anche a riflettere “sull’irrazionalità di una protezione che, per molti ragazzi, cessa al compimento della maggiore età. Il rischio è quello di un’accoglienza che nella maggior parte dei casi dura pochi mesi e non garantisce un effettivo percorso d’integrazione”. In chiusura, comunque, viene evidenziato “l’impegno di una rete istituzionale e sociale che cerca di affrontare con competenza ed umanità, una sfida che misura i valori civili di un territorio”.

Nel prossimo autunno partirà la tersa serie di corsi, promossa sempre dal Garante, per la formazione dei tutori volontari di minori stranieri non accompagnati.

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