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Agricoltura biologica, il futuro delle Marche

Riflessioni sul biologico nella Regione Marche con imprese e istituzioni: situazione attuale e prospettive per il futuro

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Il biologico, futuro delle Marche: incontro in Regione

L’aumento esponenziale della domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori ha bisogno di un sostegno strategico attraverso la conversione di altre superfici a questo metodo di produzione.

E’ quanto abbiamo rilevato negli incontri con il partenariato e gli operatori nella fase di predisposizione del PSR 2014/2020. La Regione Marche sta perseguendo questo obiettivo attraverso specifici bandi e con incentivi per la creazione di filiere bio locali e regionali, per la stesura di accordi agroambientali d’area (per la tutela delle acque e della biodiversità) e per la promozione dei bio-distretti agroalimentari di qualità e rurali”.

Così l’assessore all’Agricoltura Anna Casini è intervenuta oggi insieme al presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli all’incontro sul “Il biologico, futuro delle Marche” organizzato dalla Regione insieme all’azienda marchigiana Fileni, prima produttrice italiana di carni avicole biologiche e terza azienda per fatturato nel mercato avicolo italiano.

“Siamo tra i primi in Italia – ha proseguito Casini – a dare specifica attenzione alla necessità di forme di aggregazione più estese come le filiere appunto, in grado di garantire al consumatore prodotti certificati e di promuovere al contempo i territori di provenienza. Ritengo che questa sia la giusta direzione per dare forza a un nuovo modello agricolo basato sull’approccio agroecologico in grado di rispondere sia alla domanda di cibo buono e sano a tutela della salute dei cittadini e dell’ambiente, sia alla necessità di mitigazione del cambiamento climatico. Si tratta inoltre di offrire nuovi spazi economici e di lavoro ai giovani, salvaguardando al contempo le produzioni non OGM, che possono costituire il volano per dei nuovi processi di sviluppo locale. Fino al 2020 quindi, la Regione Marche in base a quanto previsto dalla programmazione del Piano di sviluppo rurale, erogherà in questo settore contributi per 80milioni di euro”.

L’azienda Fileni che concentra gran parte della sua filiera bio nelle Marche attraverso Roberta Fileni ha quindi presentato le nuove iniziative ideate per comunicare il suo forte legame con il territorio. “Per comunicare – ha spiegato – ai consumatori la scelta dell’azienda di puntare su prodotti di assoluta eccellenza – a partire dalla linea Fileni BIO ma passando anche per tutte le altre linee di alta qualità – e per far comprendere come realizzare l’eccellenza sia possibile perché l’azienda vive in un territorio che permette e favorisce questo processo, è stata rinnovata l’immagine con cui Fileni si presenta da qualche settimana sul mercato italiano. Tratto distintivo dell’azienda è infatti il legame con la propria terra, garanza di qualità, che dura da ormai 50 anni. Mentre altri delocalizzavano, Fileni ha voluto al contrario avvicinare la propria filiera, localizzando quanto più possibile allevamenti e stabilimenti produttivi. Produrre nelle Marche è un valore così fondamentale per Fileni tanto che ora è stata inserita, sulle confezioni dei prodotti più venduti e distintivi, l’etichetta “Il sapore delle Marche”.

“Con questo incontro – ha detto Luca Ceriscioli in conclusione – confermiamo una alleanza naturale tra imprese e istituzioni per rafforzare e valorizzare il nostro territorio. Il secondo aspetto riguarda l’agricoltura e la salute, un binomio importante perché il buon cibo favorisce una migliore qualità della vita e la prevenzione delle malattie. Altrettanto importante è l’aspetto economico della competitività del sistema: dobbiamo cogliere le opportunità delle competenze maturate in questi anni in cui abbiamo accettato con coraggio la sfida del biologico. Abbiamo una carta vincente da giocare sui mercati internazionali. Questo territorio è un brand e va difeso con grande senso di responsabilità stando in questa partita con correttezza, coerenza e impegno”.

All’iniziativa hanno partecipato anche Silvia Zucconi di Nomisma che ha illustrato i trend, i canali, le categorie di prodotti e i comportamenti di acquisto nel settore Bio (vedi allegato) e Francesco Torriani del Consorzio Marche Biologiche promosso dalle principali cooperative biologiche operanti nella Regione (Girolomoni Coop, Montebello Coop, la Terra e il Cielo Coop, Terra Bio coop e Italcer Coop). “Lo sviluppo del sistema biologico – ha detto – rappresenta una opzione strategica non solo per rafforzare la convenienza dell’impresa e l’occupazione in agricoltura, ma anche per gli effetti positivi in termini di contrasto ai cambiamenti climatici, alla riduzione dell’inquinamento e alla salvaguardia della salute. A tal fine è necessaria una maggiore strutturazione delle filiere biologiche sia per valorizzare il ruolo della produzione agricola italiana sempre più minacciata dalle crescenti importazioni sia per dare risposta al problema della insufficienza dei mezzi tecnici di qualità come in particolare sementi certificati biologici e mangimi”.

Il biologico nelle Marche – I numeri

Le Marche sono state delle vere e proprie pioniere del biologico sin dal 1978, quando cominciò a diffondersi questo metodo di produzione sul territorio regionale. Seguì nei primi anni ’80 l’organizzazione delle attività produttive da parte degli agricoltori biologici (coop Alce Nero, coop. La terra e il cielo e altre) e nel 1990 venne approvata la prima legge regionale, tra le prime in Italia, n. 57 “Norme per l’agricoltura biologica” che fissava le regole di coltivazione biologica e stanziava i primi incentivi per la sua realizzazione.

Il provvedimento regionale anticipava le disposizioni europee del 1991 e del 1992.
In questi trent’anni nelle Marche, il metodo e la pratica colturale si sono diffusi rapidamente. Attualmente sono 2.449 le aziende agricole biologiche sul territorio con una superficie a conduzione biologica regionale di 57.030 ettari pari al 12,74% della superficie agricola utilizzata (SAU) regionale (media nazionale: 11,17%).

Le principali colture biologiche praticate sono quelle per cui la regione è vocata:
– i cereali che nel 2014 sono stati coltivati su 10.979 ettari, caratterizzano anche il principale prodotto biologico “pasta”, commercializzato principalmente all’estero, e il cui settore rappresenta la prima filiera biologica regionale, e

– la vite che raggiunge i 3.752 ettari di superficie investita (al 4° posto dopo Sicilia, Puglia e Toscana) pari al 20% della viticoltura regionale con una qualificata produzione di vini biologici (consorzio TERROIR Marche – vignaioli bio. che associa 13 cantine)

(Nel 2015 gli agricoltori biologici con vigneto sono arrivati a 694 unità, pari al 16% delle 4.294 aziende viticole marchigiane con una superficie complessiva di 4.282 ettari pari al 25% della superficie totale regionale di 17.000 ettari con una superficie aziendale superiore del 60% a quella dei viticoltori convenzionali).

Oggi, grazie all’evoluzione delle tecniche di coltivazione che hanno permesso di ridurre le differenze di produzione con le colture convenzionali e grazie all’aumento della richiesta di tali prodotti da parte dei consumatori, si sta assistendo ad una nuova prospettiva per il settore biologico. Oltre alla produzione di alimenti di alta qualità inoltre, gli agricoltori biologici, nell’ambito della multifunzionalità aziendale, forniscono anche altri servizi come ad esempio quello dell’ospitalità che si realizza in 168 strutture aziendali pari al 18,4% dei 913 agriturismi operanti nella Regione Marche nel 2014 (3° regione in ambito nazionale dopo Toscana ed Emilia Romagna).

Per quanto riguarda invece la zootecnia biologica tradizionale, nelle Marche, una annotazione particolare riguarda il settore avicolo. Nei due filoni “uova” (Monaldi a Petritoli – Fermo) e “carne” (Fileni a Cingoli – MC), si sono sviluppate iniziative di rilevanza nazionale che hanno permesso di diffondere, mediante il contratto di “soccida”, gli allevamenti su tutto il territorio regionale. E’ da questo ambito regionale che, come previsto dalle norme europee, deve provenire parte delle materie prime (min. 20%) necessarie per la formulazione dei mangimi e, per questo motivo, è importante lo sviluppo di una filiera legata alle materie utilizzate per l’alimentazione degli animali. Nel settore zootecnico è compresa anche l’acquacoltura da poco con la certificazione biologica in cui la Regione Marche conta un 10% delle aziende nazionali dopo Veneto, Emilia e Puglia con iniziative, anche in questo caso, di rilevanza nazionale ubicate nell’entroterra appenninico (Eredi Rossi Silvio a Sefro – MC).

In sintesi il settore continua a dare segnali positivi: lo confermano i dati elaborati dal SINAB, il Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica, sulla base delle informazioni trasmesse da Organismi di Controllo e i dati regionali e nazionali di Sib relativi al 2015. Anche i consumi proseguono la loro crescita, con un incremento nel 2015 compreso tra il 15 ed il 20%. Sicuramente tale progressione è stata favorita dal leggero miglioramento del quadro economico generale, ma anche e soprattutto da una consapevolezza e informazione più diffusa tra i consumatori. Nel primi mesi di quest’anno gli acquisti di prodotti bio sono ancora in aumento.

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