MarcheNotizie.info
Versione ottimizzata per la stampa

L’On.Lodolini sulla riforma delle BCC

“Per le banche garantiti autonomia e radicamento sul territorio”

2.617 Letture
commenti
Emanuele Lodolini

 

Per rafforzare il settore bancario, il Governo ha seguito una strategia strutturale nel solco del piano delle riforme avviato fin dal 2014 e basato fondamentalmente su tre assi: ritorno alla crescita, dopo tre anni di recessione – perché con l’economia in crescita sarà più facile ridurre le sofferenze – riduzione dei tempi di recupero dei crediti, in Italia storicamente più alti che altrove, e, terzo punto, banche più grandi, più forti e più trasparenti che dovranno gestire con maggiore efficienza i crediti deteriorati. E, dunque, il tema del consolidamento del settore bancario attraverso la riforma delle maggiori banche popolari, la riforma delle fondazioni bancarie e la riforma delle banche di credito cooperativo.

Quella delle BCC è una storia straordinaria,che parla di dinamismo, di valori e parla di territorio. Hanno svolto negli anni passati, nel momento della massima stretta creditizia, un ruolo importante, in particolare per le piccole e medie imprese, ma è giusto riformarle perché, pur essendo un patrimonio del Paese, anche i patrimoni del Paese non rimangono sempre intatti, ma possono essere messi in discussione dal cambiamento e dalla crisi. Non si poteva, dunque, più rinviare un intervento a sostegno della competitività e della stabilità di un sistema che,singolarmente, queste banche non erano più in grado di sostenere, sia per la forma giuridica di cooperativa mutualistica, sia per il peso della crisi che hanno dovuto sopportare.

C’è stato un coinvolgimento vero dei rappresentanti del mondo delle BCC e della cooperazione nel suo complesso che ha dato i suoi frutti e ha consentito di arrivare, oggi, a un testo condiviso. Si può parlare di un processo di autoriforma, che ha trovato, nel Governo e nel Parlamento, degli interlocutori aperti, che hanno raccolto le istanze più significative, a seguito di un confronto durato diversi mesi.

I capisaldi della riforma si possono così sintetizzare: salvaguardia del principio di autonomia della singola BCC, con l’attribuzione all’assemblea dei soci delle singole banche della facoltà di poter nominare i propri organi sociali; rafforzamento della mutualità, con il coinvolgimento dei soci il cui numero minimo passa da 200 a 500 e con l’innalzamento del capitale detenibile dal socio da 50 mila a 100 mila euro; consolidamento della dimensione della cooperazione nel suo insieme, attraverso l’appartenenza del gruppo BCC, condizione necessaria per poter esercitare l’attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo, attraverso il controllo della capogruppo da parte delle BCC stesse, le quali devono detenere la maggioranza del capitale della capogruppo Spa, attraverso la sottoscrizione del contratto di coesione, che disciplina la direzione e il coordinamento dalla capogruppo sul gruppo; e poi il rafforzamento dell’intero sistema, con una soglia minima di patrimonio netto prevista per la capogruppo, che deve essere di almeno un miliardo, con i poteri assegnati alla capogruppo di definizione e attuazione degli obiettivi strategici, da un lato, e dei poteri necessari per l’attività di direzione, dall’altro; la forma giuridica della società per azioni, prevista per la società capogruppo, favorisce l’accesso del gruppo bancario al mercato dei capitali e il rafforzamento patrimoniale dell’intero gruppo, tenuto conto degli impedimenti naturali delle BCC di ricapitalizzarsi, accedendo al mercato dei capitali di rischio.

Attenzione particolare merita il tema del contratto di coesione. Il termine usato dice bene le finalità dello stesso: è lo strumento cardine. Definisce, tra l’altro: la banca capogruppo, i poteri della stessa nel rispetto delle finalità mutualistiche, gli indirizzi strategici e gli obiettivi operativi, i poteri per l’attività di direzione e di controllo, i casi in cui la capogruppo può nominare o revocare i componenti degli organi di amministrazione e controllo, i criteri di compensazione, l’equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune e, poi, le garanzie in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche aderenti.

Servono tempi rapidi e certi per r’emanazione del Decreto attuativo da parte del MEF. Appare necessaria e tempestiva l’emanazione, per permettere l’adesione al gruppo dopo la conoscenza dell’articolato del patto di coesione, altrimenti si potrebbe incorrere in rischi di richiesta di sospensione e/o di legittimità.

Nel corso dell’esame in Commissione sono stati apportati miglioramenti e integrazioni di rilievo al testo del decreto, come del resto si conviene nella normale dialettica Governo-Parlamento. Su alcuni di questi passaggi, il dibattito, anche esterno all’ambito istituzionale, è stato vivace, polemico, ma altresì ricco di spunti propositivi. È stata garantita la possibilità per le banche di credito cooperativo presenti nelle province autonome di Trento e Bolzano di costituire autonomi gruppi bancari cooperativi, composti solo da banche aventi sede e operanti esclusivamente nella medesima provincia autonoma, in coerenza con gli ambiti di autonomia riconosciuti nei rispettivi statuti. Si consente inoltre la costituzione, nel gruppo bancario cooperativo, di eventuali sottogruppi territoriali facenti capo a una banca costituita in forma di Spa. Tale soluzione tiene conto delle specificità territoriali del Paese e dell’arricchimento che esse potranno fornire al gruppo anche in termini di maggiore consolidamento del gruppo stesso. Sono state definite meglio le competenze riservate al Ministro dell’economia e delle finanze e alla Banca d’Italia, nell’ambito della riforma delle banche di credito cooperativo. Sono state quindi riscritte le disposizioni contenute nel decreto-legge relative alla cosiddetta way out,accogliendo le proposte sollevate attraverso numerosi emendamenti e inserendo la previsione che, in deroga alla disciplina sulla devoluzione dal patrimonio – da applicarsi nei casi di fusione e trasformazione delle BCC escluse dal gruppo bancario –, la devoluzione non si produce per le BCC che presentino istanza di conferimento delle proprie aziende bancarie a una Spa autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria, purché la banca istante o – in caso di istanza congiunta – almeno una delle banche istanti possiedano alla data del 31 dicembre 2015 un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro. Si prevede, inoltre, che all’atto del conferimento la Banca di Credito Cooperativo conferente versi allo Stato un importo pari al 20 per cento dal proprio patrimonio netto. Le riserve indivisibili, riconducibili alla BCC, al netto del versamento effettuato, rimarranno nella società cooperativa conferente, la quale acquisisce con le proprie risorse la partecipazione nella società conferitaria. La cooperativa conferente si obbliga a mantenere le clausole mutualistiche nonché ad assicurare ai soci servizi funzionali al mantenimento del rapporto con la Spa conferitaria, di formazione e informazione sui temi del risparmio e di promozione di programmi di assistenza. Tale soluzione consente di contemperare la previsione del vincolo di adesione al gruppo bancario cooperativo con la possibilità, per le banche di credito cooperativo, di scegliere una strada alternativa per il proseguimento della propria attività bancaria, escludendo quindi che tale vincolo si configuri come un obbligo di legge. L’obiettivo è stato bilanciato con l’esigenza di nominare la prospettiva su cui si incentra la riforma della BCC contenuta nel decreto-legge del consolidamento dal sistema bancario cooperativo attraverso la costituzione di uno o più grandi gruppi bancari cooperativi. È stato perciò fissato un limite temporale piuttosto ristretto, pari a 60 giorni, entro il quale le banche di credito cooperativo dovranno presentare istanza alla Banca d’Italia diconferimento delle rispettive aziende bancarie ad una società per azioni autorizzata all’esercizio dell’attività bancaria. Si prevede un fondotemporaneo delle banche di credito cooperativo di natura transitoria, con lo scopo di supportare la finalità della BCC nel periodo di transizione, che terminerà con la formazione del gruppo bancario cooperativo, così predisponendo uno strumento di sostegno di natura mutualistica e assicurativa.

Sulla way out la soluzione trovata rappresenta un buon punto di equilibrio. Le banche con patrimonio netto superiore a 200 milioni sono 14; abbiamo definito le date di riferimento, quella per l’individuazione della soglia dei 200 milioni (31 dicembre 2015), quella entro cui procedereall’istanza (60 giorni). Banca d’Italia, nel corso delle audizioni, aveva sottolineato questo aspetto e i rischi cui saremmo andati incontro nel caso fosse stata confermata la versione iniziale del decreto. Lo schema che si realizza è quello di una cooperativa che scorpora il ramo di azienda bancaria e la conferisce in una società per azioni. La cooperativa dovrà proseguire quindi nell’attività mutualistica, questo resta un vincolo rilevante che consente di dareprospettive alla soluzione trovata. Del resto, era impensabile non prevedere una via di uscita, nel momento in cui si realizza un’operazione straordinaria di portata storica e che fa dell’appartenenza al gruppo il requisito necessario per l’esercizio dell’attività bancaria in forma di BCC.

Infine. Anche le Banche di creditocooperativo marchigiano saranno interessate dal processo di unificazione previsto dalla riforma delle Bcc ed entreranno a far parte di un grande gruppo nazionale. Sarà un’importante occasione di crescita per i nostri istituti di credito, che saranno rafforzati da questo processo, senza che ne vengaintaccata in alcun modo l’autonomia o i rapporti con il territorio di appartenenza. Rimarrà intatto lo spirito mutualistico che ha da sempre contraddistinto le nostre banche

da On. Emanuele Lodolini

Commenti
Ancora nessun commento. Diventa il primo!
ATTENZIONE!
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Marche Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password

Già registrato?
... oppure Registrati!