Parità uomo-donna negli organi elettivi, la proposta in Regione Marche
Silvana Amati soddisfatta per l'iniziativa dell'assessore Bora: "la base per un riequilibrio complessivo nelle istituzioni"
La proposta di legge regionale per promuovere l’accesso paritario per uomini e donne alle cariche elettive in Consiglio regionale è una tempestiva iniziativa che riflette quanto previsto dalla Legge quadro approvata dal Parlamento lo scorso 3 febbraio, in base alla quale le Regioni sono ora tenute ad introdurre misure specifiche per promuovere un’equilibrata rappresentanza di genere.
La legge approvata dal Parlamento non è una concessione, un regalo alle donne, ma uno strumento fondamentale per concretizzare diritti fondamentali e costituzionali formalmente riconosciuti da oltre mezzo secolo, ma ancora non realizzati nella sostanza.
Il percorso per garantire l’uguaglianza sostanziale è lungo e difficile. Sono stata per tre legislature eletta nel Consiglio regionale delle Marche e la prima donna a presiederlo. In veste di Presidente ho coordinato i Consigli regionali italiani e – successivamente – come Presidente della Commissione Statuto, le Commissioni per lo Statuto nella fase costituente. Conosco bene, per esperienza diretta, gli ostacoli di fatto che incontrano le donne nel loro percorso politico. Proprio nella stesura dello Statuto regionale, ho potuto sperimentare direttamente tutte le resistenze che si incontrano ogni volta che si lavora per favorire la parità di genere. Non è un caso che, stanti le attuali legge elettorali regionali, siano sempre poche le elette nei Consigli, non compensate comunque dalla presenza femminile nelle giunte.
In Italia le donne hanno votato per la prima volta nel 1946 e all’Assemblea Costituente furono elette 21 donne, su 326 membri. Le 21 Costituenti hanno svolto un ruolo fondamentale nell’elaborazione e nel riconoscimento costituzionale dei principi di parità che hanno posto le basi per la trasformazione non solo delle leggi, ma della stessa vita e del modo di pensare delle donne e degli uomini italiani. Pensiamo alla pari dignità sociale e l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (art. 3), alla parità tra uomini e donne in ambito lavorativo (art.4 e art.37), all’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi all’interno del matrimonio (art.29) e alla parità di accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizione di uguaglianza (art.51).
Dai resoconti dei dibattiti in sede costituente emerge chiaramente che si deve alle donne – ed in particolare a Teresa Noce – se nell’elencazione all’articolo 3, il sesso è messo al primo posto, e se è stato inserito il termine “di fatto” per sottolineare l’ampiezza e la natura degli ostacoli da rimuovere.
Un articolo fondamentale, che marca il passaggio ad una democrazia segnata da contenuti di progresso sociale e costituisce una novità assoluta per quei tempi.
Negli ultimi anni, sentenze di diversi Tar hanno censurato la composizione di giunte comunali e provinciali per l’assenza o la troppo esigua presenza di donne.
Introducendo misure specifiche poniamo le basi per un riequilibrio complessivo nelle istituzioni, creando le condizioni perché queste possano meglio rispondere alle esigenze della società, una società che è composta da uomini e donne.
da Silvana Amati
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