Marche, dimissioni di tre membri del Cda di Aerdorica: ” Situazione insostenibile”
Intervista a Alberto Tassi, presidente AssHotel Marche-Confesercenti
“Le dimissioni del Cda di Aerdorica Spa di venerdì 30 ottobre, dopo il “no” dell’Enac alla privatizzazione dello scalo aeroportuale R.Sanzio di Falconara, lasciano la situazione insostenibile. Anzi, la peggiorano“. A sostenerlo Alberto Tassi, presidente AssHotel Marche-Confesercenti, che punta il dito contro la gestione dell’Aeroporto delle Marche, dalla quale da anni aveva preso le distanze per suggerire caldamente di portare avanti, inascoltato, altre stategie.
“Eravamo scettici sulla cessione ai russi di Novaport del 51% delle quote, mossa che avrebbe di fatto consegnato l’Aeroporto delle Marche, un’ex base Nato, alla Russia. Ora dopo il parere negativo alla cessione, che di fatto boccia l’azione di gestione dello scalo, la Regione si ritrova con un buco da quasi 40 milioni di euro e a dover rifare la gara e senza un vero piano che possa risollevare le sorti dello scalo dorico“.
Come uscire dunque da questa situazione?
“E’ chiaro che la Regione Marche non può far fronte ai 37 milioni di euro di debito della società, quindi la sopravvivenza è legata per forza a un forte intervento di una cordata di enti pubblici, a minori privatizzazioni ma soprattutto a un piano strategico serio che possa far tornare il traffico di passeggeri sui giusti binari“.
Quale, secondo AssoHhotel Marche, la strada da intraprendere?
“Se si fosse percorsa la strada che noi avevamo segnalato e indicato più volte già dal 2011, oggi forse non saremmo a un passo dalla chiusura dell’aeroporto. Puntare sul settore cargo e sul traffico merci in un periodo di crisi, è stato per Aerdorica come infilarsi in un vicolo cieco“.
E quindi?
“Il settore strategico è quello dei passeggeri: con un investimento di dieci milioni di euro l’anno, si sarebbe potuto puntare sulle rotte che portano le persone nelle Marche, una regione a carattere prevalentemente turistico e artigianale. Si sarebbe dovuto incentivare i voli low cost, pianificando con le compagnie le varie rotte da aprire anche per risollvare quel turismo che, nononstante i dati sbandierati dalla Regione, sta cedendo fette importanti di visitatori ogni anno“.
Quali soldi e da dove prenderli?
“Sicuramente fondi regionali, a cui si dovrebbero unire anche le camere di commercio e i comuni: mettendo insieme le proprie forze, si sarebbero potuti compiere dei passi importanti“.
Non ci sarebbe però potuta essere la garanzia che la strada percorsa avrebbe funzionato.
“No, ma guardando come hanno investito anche altri importanti paesi e scali europei, basti pensare alla Spagna ad esempio, si capisce come l’investimento annuale avrebbe potuto portarci fino alla quota di un milione di passeggeri, quota minima per la sopravvivenza di un aeroporto e perché vi sia un sostanziale pareggio di bilancio. Sotto quella soglia è impossibile far fonte ai costi di gestione. E tutto questo senza contare le ricadute nell’indotto che un traffico così importante di passeggeri e turisti avrebbe generato nella nostra economia. Ovunque è così, bisogna proprio non volerlo vedere“.
Perché allora non lo avete detto nelle sedi opportune?
“Noi lo diciamo da diversi anni, almeno dal 2011 e oggi, forse, avremmo un bilancio con un passivo decisamente minore e un turismo più florido. Ma siamo sempore rimsti inascolatati. E ora le persone atterrano allo scalo di Bologna o Rimini e si fermano lì nella riviera romagnola, anziché scendere verso la nostra regione sopra cui tutti passano ma nella quale nessuno atterra“.
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