Aziende sanitarie territoriali, PD Marche: “Cronaca di una riforma mai nata”
"Gravi ritardi. A due anni da varo della legge per riorganizzazione del sistema sanitario, si è impantanata la giunta Acquaroli"
“Aziende sanitarie territoriali: cronaca di una riforma mai nata”. È questa la denuncia del gruppo assembleare del Partito Democratico in merito ai gravi ritardi riguardanti l’approvazione delle linee di indirizzo e dei criteri per la predisposizione degli atti aziendali degli enti del Sistema socio sanitario regionale, su cui, a due anni esatti dal varo della legge per la riorganizzazione del sistema sanitario, si è impantanata la giunta Acquaroli.
Un vulnus che non solo rende inapplicabile la stessa legge n.19 del 2002, visto che gli atti aziendali, previsti dall’articolo 24, costituiscono il fondamento della programmazione delle politiche sanitarie sui territori, ma è alla base delle inefficienze quotidiane che caratterizzano l’erogazione dei servizi ai cittadini. “Di fatto – è l’accusa del Partito Democratico – siamo di fronte a indirizzi che non indirizzano. Anzi, la giunta Acquaroli, scegliendo di non scegliere, si sottrae alle proprie responsabilità politiche, scaricandole interamente sui direttori generali delle Ast”.
Un po’ di cronistoria. Il 18 dicembre del 2023, passati ben 14 mesi dall’approvazione della riorganizzazione, la giunta regionale aveva finalmente deliberato le sopracitate linee di indirizzo e i criteri per la predisposizione degli atti aziendali, inviandole come previsto alla IV commissione “Sanità e Politiche sociali” per il definitivo parere prima della definitiva di adozione. Un percorso, quest’ultimo, protrattosi per altri mesi a causa delle numerose critiche svolte non solo dai partiti di opposizione, ma anche delle organizzazioni del mondo sanitario regionale che hanno partecipato alle audizioni. Il parere è stato alla fine approvato a maggio, dopo la bocciatura da parte della maggioranza di quasi tutti i 31 emendamenti presentati dal Partito Democratico. Tuttavia, ancora oggi, in maniera del tutto inspiegabile la giunta regionale non lo ha ancora assunto, mantenendo bloccata la riforma. Difficile, dunque, ipotizzare l’entrata in vigore della riforma prima della fine del 2024. Ciò significa che i marchigiani e le marchigiane non potranno valutarne oggettivamente la sua efficacia prima delle elezioni regionali del 2025. Ecco perché, oltre che simbolo del fallimento delle politiche sanitarie della giunta Acquaroli, questa riorganizzazione voluta dal centrodestra nel 2022 sa anche tanto di presa in giro nei confronti dei cittadini e del personale sanitario.
Molto duro è il parere del vicepresidente della IV commissione Romano Carancini, relatore di minoranza del parere emesso dalla commissione stessa e primo firmatario dei 31 emendamenti presentati dal Partito Democratico: “Sono moltissime le criticità di questo documento partorito male e tardi dalla maggioranza. Tuttavia, ci sono alcuni punti che meritano più di altri di essere portati a conoscenza della comunità marchigiana. Uno di questi riguarda la “furbata” della giunta Acquaroli e dell’intero centrodestra, che in un documento che costituisce il perno della nuova politica sanitaria, non fa alcun cenno al decreto 70 del 2015, il cosiddetto decreto “Balduzzi”, e al Dpcm 77 del 2022, che pongono vincoli di orientamento strutturale e normativo alla strategia da attuare nei singoli territori, quasi a lasciare intendere che la nostra Regione possa muoversi libera dai paletti fissati dalla legislazione nazionale.
Questo non è assolutamente vero, ma quel che è peggio è che negli indirizzi della giunta regionale non si afferma la necessità includere negli atti aziendali il sistema delle strutture sanitarie e delle reti cliniche della sanità regionale in base proprio al Dm 70/2015. Le linee di indirizzo sono reticenti anche sul fronte della prevenzione, visto che non si sono volute esplicitare le risorse che si intendono destinare e, in particolare, il rapporto percentuale con la spesa corrente assegnata annualmente. Purtroppo è stato bocciato il nostro emendamento che chiedeva di includere negli atti aziendali di ciascuna Ast la programmazione nel tempo dell’aumento delle risorse rivolte alla prevenzione con un aumento minimo, per ogni anno, del rapporto percentuale con la spesa corrente, comunque fino alla concorrenza minima del 5% annuo da raggiungere entro il 2025. Ritengo poi che si sia persa un’occasione importante bocciando la nostra proposta di assegnare ad almeno una delle cinque aziende un progetto sanitario sperimentale attinente l’emergenza-urgenza rispetto ai codici bianchi e verdi con lo scopo di sgravare i Pronto soccorso degli ospedali di base di 1° e 2° livello, da attuare nell’ambito dei compiti degli Ospedali di Comunità o di altre strutture sanitarie. Davvero non si comprende questa bocciatura, considerato le note e gravi difficoltà che vivono gli utenti e il personale dei Pronto soccorso di tutta la regione, anche a causa di una legislazione ormai superata risalente al 1998.
Così come non si comprende cosa abbia impedito alla maggioranza di recepire la richiesta di un forte impegno a sviluppare e organizzare con l’atto aziendale il fabbisogno del personale, con tanto di definizione di funzioni e assunzioni, per il sistema territoriale sanitario in relazione ai progetti finanziati dal Pnrr come le Case della Comunità, gli Ospedali di Comunità e le Centrali operative territoriali. Senza questo passaggio, il rischio concreto è quello di avere delle strutture che saranno delle scatole vuote. Bene, invece, l’approvazione del nostro emendamento circa la riduzione delle disuguaglianze tra i vari territori, da attuarsi solo con un esame congiunto e preventivo dei dati e che trova i terminali più rilevanti nei rapporto spesa/abitante, personale/abitanti, strutture sanitarie e territoriali/abitanti, posti letto acuti/abitanti, Posti letto post acuti/abitanti. L’auspicio è che non solo la commissione, ma anche la giunta regionale accolga almeno questo contributo imprescindibile a garantire pari diritti e pari risorse tra le diverse province, che la cancellazione dell’Asur ha messo a rischio”.
“Tra le questioni che queste linee lasciano insolute – aggiunge il consigliere Maurizio Mangialardi – ce ne sono due che meritano di essere sottolineate. La prima concerne la mancanza di un significativo riequilibrio anche della mobilità passiva all’interno della regione: un fenomeno che colpisce in particolar modo le aree interne sempre più spogliate di servizi. Si tratta di una delle tante promesse non mantenute da questa giunta. Eppure del rilancio delle strutture sanitarie nelle zone collinari e montane aveva fatto un cavallo di battaglia. L’altra, invece, riguarda la definizione del rapporto tra la sanità pubblica e privata. È preoccupante che il documento varato dalla giunta faccia passare il messaggio di un’offerta alla pari tra pubblico e privato: così facendo si abdica all’impegno di potenziare e rendere efficienti i servizi erogati dal Sistema sanitario regionale. Il rapporto con il privato convenzionato va stabilizzato e garantito con risorse programmate congrue e definite, ma in ogni caso non a discapito della centralità del sistema pubblico. Se, come sta facendo la giunta regionale, non si agisce in questo senso, la sanità marchigiana resterà destinata a “pochi privilegiati, facoltosi, raccomandati e fortunati”, come impietosamente fotografato dal parere espresso a dicembre dal Collegio dei revisori dei conti”.
“Fin dall’inizio – afferma la capogruppo Anna Casini – abbiamo sottolineato la nostra contrarietà alla legge sulla riorganizzazione voluta dal presidente Acquaroli nel 2022. Una pseudo riforma elaborata senza ascoltare nessuno, negando ai sindaci e alle organizzazioni sindacali la possibilità di approfondire, fare rilievi e segnalare criticità. Già allora, infatti, si intravvedeva il fallimento degli obiettivi dichiarati, a partire dalla costruzione di un modello sanitario più vicino ai cittadini, più efficiente, più produttivo e più economico. Il fatto che a 24 mesi dalla sua approvazione non sia stato ancora approvato l’atto necessario a renderla operativa, dimostra tutta la fondatezza delle nostre critiche. Nonostante ciò, il gruppo del Partito Democratico non ha mai rinunciato a un approccio costruttivo per correggerne le storture più evidenti. Approccio manifestato anche con il grande lavoro svolto in IV commissione allo scopo di migliorare le linee guida per la predisposizione degli atti aziendali. Purtroppo abbiamo trovato nei consiglieri di maggioranza degli interlocutori sordi ai nostri contributi. Così, le scelte sbagliate e i ritardi accumulati nell’applicazione della legge continueranno a essere alla base dell’inefficienza quotidiana dei servizi sanitari che ogni cittadino può verificare nell’esponenziale allungamento dei tempi delle liste di attesa, nei Pronto soccorso al collasso, nella crescente mobilità passiva verso le altre regioni”.
“Come Partito Democratico – conclude la segretaria regionale del PD Marche Chantal Bomprezzi – torniamo a denunciare la propaganda vuota e populista di Acquaroli. Questa riforma ha prodotto solo un aumento di costi e poltrone. È un contenitore vuoto esattamente come il Piano Socio Sanitario Regionale, che ha promesso tutto senza dirci come realizzarlo, visto che il capo di Acquaroli Meloni ha bocciato le proposte del PD di mettere più risorse per la sanità pubblica e per assumere personale. Sono riforme fuffa, esattamente come quelle di Meloni, portate avanti solo per scopi elettorali e per far sì che la sanità privata sostituisca quella pubblica, a discapito degli ultimi. Come PD Marche siamo al lavoro per l’alternativa, a partire dal Manifesto Sanità approvato in direzione a dicembre 2023. Serve un modello diverso, che tenga conto dei bisogni territoriali e non degli interessi elettorali. La tutela della sanità pubblica sarà uno dei temi centrali anche alla Festa Unità Marche in programma a Pesaro dal 28 agosto al 1° settembre”.
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