Donne e lavoro nelle Marche, le retribuzioni restano inferiori a quelle degli uomini
Significativo il dato relativo alle donne dirigenti, solamente lo 0,3% del totale delle lavoratrici dipendenti
Per lo più impiegate ed operaie. E con uno stipendio sempre e comunque inferiore a quello degli uomini. Pochissime sono le donne dirigenti all’interno delle aziende marchigiane: sono solo lo 0,3% su un totale di 24.430 dipendenti donne.
Sono alcuni dei dati più significativi dell’ultimo Rapporto sul Personale maschile e femminile 2020- 2021 delle aziende marchigiane con oltre 100 dipendenti, elaborato dall’Ires Cgil Marche, che ci offre un’opportunità per conoscere e analizzare la condizione lavorativa delle donne nella regione.
Il campione osservato è composto da 61.677 occupati dipendenti di 212 aziende con oltre 100 dipendenti. “I risultati di questo rapporto confermano tendenze ormai strutturali – commenta Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche -; le donne, inserite nel mercato del lavoro presentano condizioni più precarie rispetto a quelle degli uomini. Ciò si evidenza nel proliferare del part time ma anche nelle mansioni. Ecco perché chiediamo alla Regione di promuovere interventi ed azioni affinchè la parità dei generi sia un’effettiva realtà ovunque”.
REPORT – Da questa indagine, emerge che gli occupati sono 61.677 di cui 24.430 donne e 37.247 uomini. Tra le province, è quella di Fermo con la più alta percentuale di presenza femminile, il 46,7% mentre l’incidenza più bassa è a Macerata con il 35,3%.
Il contratto collettivo più presente è quello della metalmeccanica, che viene applicato al 37,5% degli uomini mentre alle donne viene, in genere, applicato quello delle cooperative sociali, pari al 28,7% delle dipendenti. La maggior parte dei dipendenti ha una qualifica di operaio, il 57,3%, percentuale che, per le donne, scende al 51,5% mentre per gli uomini sale al 61,1%. Seguono gli impiegati, 36,9%, con le donne al 44,9% e gli uomini al 31,7%.
Sul piano delle retribuzioni, le donne dirigenti percepiscono in media 40mila euro in meno rispetto agli uomini; per i quadri, il divario tra maschi e femmine è di -12.678 ma il gap maggiore si evidenzia per gli impiegati con le dipendenti che percepiscono il 39,3% in meno rispetto agli uomini.
Esistono poi differenze anche all’interno delle singole tipologie contrattuali: per esempio, le donne con il part-time sono il 45,4% mentre gli uomini solo il 7,9%.
Un altro aspetto significativo riguarda le trasformazioni contrattuali: ben il 58,9% d elle donne è passato da tempo pieno a part time mentre gli uomini sono solo il 41,1%. Donne in affanno anche sul fronte della formazione professionale: solo il 40,9% riesce a farla. Ovvero 4 dipendenti donne su 10 hanno svolto formazione.
Per Loredana Longhin, “l’occupazione femminile si risolve realizzando politiche sociali vere e non di pink washing, come dimostra il fatto che l’occupazione femminile aumenta laddove crescono le infrastrutture sociali. Non possiamo permetterci che le disuguaglianze ci sfuggano di mano; per questo dobbiamo combatterle non quando si evidenziano ma vanno prevenute con una strategia complessiva di lungo respiro che riguarda il mercato del lavoro, la formazione, i servizi”.
Chiude Longin: “Dobbiamo avere fretta di distruggere queste distorsioni perché,come abbiamo avuto modo di verificare, la pandemia, la guerra e l’inflazione alle stelle sono foriere di ulteriori disuguaglianze che si sovrappongono alle vecchie, si cristallizzano e sarà sempre più difficile scardinarle.
E’ arrivato il momento per la Regione di fare qualcosa per risolvere questo problema perché le esternazioni di esponenti politici che vogliono riportare le donne a casa ad accudire i figli e gli uomini al lavoro, non rappresentano il sentire delle donne marchigiane”.
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