In netta crescita l’export delle imprese marchigiane del settore calzaturiero
Nei primi sei mesi del 2022 si è registrato un +28,7%
Il comparto calzaturiero italiano continua nella sua ripresa segnando nel primo semestre dell’anno – dopo il +18,7% a consuntivo 2021 – un’ulteriore crescita nel fatturato (+14,5% nel campione di Associati contattati). I dati, divulgati al salone internazionale delle calzature, Micam, in corso a Fiera Milano, emergono dall’ultimo report del Centro Studi di Confindustria Moda per Assocalzaturifici che evidenzia inoltre recuperi in valore a doppia cifra sia sul fronte dell’export che negli acquisti delle famiglie italiane.
Nelle Marche nel primo semestre 2022 il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, un calo di -120 aziende, tra industria e artigianato, accompagnato da un saldo positivo di +92 addetti (a fronte dei -1.269 addetti persi nel solo anno 2021). Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate da INPS nel primo semestre dell’anno per le imprese marchigiane della filiera pelle, si registra una flessione del -72,3% rispetto allo stesso periodo del 2021: sono state autorizzate quasi due milioni di ore. Malgrado il calo, i livelli attuali restano decisamente al di sopra di quelli 2019 pre-Covid (+61,4%).
Sul fronte dell’export si registra un aumento del +28,7% in valore sullo stesso periodo dell’anno precedente, tra calzature e componentistica (con un -3,3% sui livelli pre-pandemia di gennaio-giugno 2019). Le prime 5 destinazioni dell’export marchigiano, che coprono il 52% del totale, sono risultate: Germania (+20%), USA (+64,8%), Cina (+61,9%), Francia (+19,5%) e Belgio (+16,4%). Marcata invece, come prevedibile, la flessione dell’export verso Russia e Ucraina (-28,1% nell’insieme), scese rispettivamente al 6° e 37° posto nella graduatoria delle destinazioni regionali; le Marche coprono ben il 30,3% dei flussi italiani diretti ai due mercati.
Sull’andamento nazionale è intervenuta Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici: “Il settore nel suo insieme denota un significativo recupero ma caro energia, costi delle materie prime e conseguenze del conflitto russo-ucraino (-30% in valore l’export nei due mercati, con un -46% dall’inizio della guerra) mettono a rischio l’evoluzione a breve. Stiamo riscontrando soddisfazione sul fronte delle vendite verso i mercati nordamericani e nei principali paesi UE, mentre i lockdown primaverili hanno frenato quello cinese. Se le griffe registrano performance brillanti, però, metà delle imprese sono ancora sotto i livelli di fatturato pre-Covid.”
Nel dettaglio, nei primi 5 mesi 2022 (ultimi dati disponibili a livello nazionale) le esportazioni italiane sono cresciute del 24% in valore e del 15% in quantità sull’analogo periodo 2021. Una performance che ha permesso di superare anche in volume (+2,4%) i livelli pre-emergenziali, benché risulti significativo come il comparto delle calzature con tomaio in pelle, da sempre tipico delle produzioni Made in Italy, sia ancora molto al di sotto delle paia di tre anni addietro (-10,5% su gennaio-maggio 2019). Tra le destinazioni, bene l’Unione Europea (+23% in valore), trainata da Francia e Germania (i primi due sbocchi esteri in volume per gli operatori italiani); ancor più sostenuta la crescita negli USA e in Canada (nell’ordine del +65% in valore), favorita da tassi di cambio più vantaggiosi; positivo il Far East, +15% in valore nell’insieme, ma con la Cina in netto rallentamento nel bimestre aprile-maggio (-25% in quantità) per i lockdown imposti dalle autorità in diverse importanti città; brillano gli Emirati Arabi; riparte il Regno Unito, dopo la battuta d’arresto post-Brexit. Crolla l’export in Russia e Ucraina per lo scoppio della guerra, con pesanti conseguenze per i distretti produttivi tradizionalmente votati a quest’area.
Il saldo commerciale settoriale mostra un attivo pari a 2,18 miliardi di euro (+14,5% su gennaio-maggio 2021).
Sul mercato interno è proseguito l’avvicinamento ai livelli (insoddisfacenti) di tre anni addietro: +18,2% in valore gli acquisti delle famiglie nei primi 6 mesi e +14% in quantità. Tutte le voci merceologiche mostrano un segno positivo su gennaio-giugno 2021: nell’ordine del +20%, sia in quantità che in valore, i recuperi per le calzature classiche per uomo e donna (le più penalizzate durante la quarantena); superiori al 10% per le scarpe per bambini/ragazzi (prossime ai livelli pre-pandemia). In crescita del 13% in volume il comparto delle sportive e sneakers (l’unico sopra i dati del 2019); più debole quella della pantofoleria (di poco superiore al +7%), ma sufficiente – stante il maggior utilizzo nei mesi di isolamento e quindi la minor contrazione subìta nel 2020 – a riportarla vicino ai livelli di tre anni addietro. In merito alle vendite online: dopo il boom registrato nel 2020 durante la pandemia, che ha forzatamente modificato le abitudini di acquisto, e il rallentamento del 2021, nei primi 6 mesi di quest’anno hanno subìto un ridimensionamento ulteriore (-8,9% in volume e -4,4% in valore tendenziali) pur rimanendo però decisamente al di sopra (+24% in quantità) rispetto al primo semestre 2019.
Per quanto concerne lo shopping dei turisti stranieri – nonostante l’indubbia ripresa – i flussi in ingresso nel nostro Paese, le presenze e la spesa (notevolmente superiori al 2021, secondo le rilevazioni disponibili condotte da Istat e dalla Banca d’Italia) restano ancora su livelli inferiori del -25%/-30% se raffrontati con gli analoghi periodi 2019.
La ripartenza nei livelli di attività dopo lo shock determinato dall’emergenza pandemica ha favorito un’inversione di tendenza nei livelli occupazionali: i dati camerali indicano infatti a fine giugno un saldo positivo di 1.062 addetti rispetto al consuntivo 2021 (+1,5%), insufficiente peraltro a recuperare le perdite dello scorso anno. Un rimbalzo dopo i cali registrati negli ultimi 6 anni – in cui la forza lavoro del settore ha perso oltre 6.400 unità – accompagnato dal ridimensionamento nel ricorso agli ammortizzatori sociali (-80% la CIG sui primi 6 mesi 2021 nella Filiera Pelle, ma numero di ore ancora doppio rispetto alla prima metà 2019). Nel confronto col primo semestre 2021 tutte le regioni mostrano cospicue riduzioni nelle ore autorizzate: le Marche (-72,3%) sono la prima per ricorso nel periodo considerato (con 1,9 milioni di ore, pari al 24% del totale Italia), seguite dalla Campania (1,7 milioni, -76,3%). In calo del -77% il Veneto, del -89% la Toscana (con un -84% a Firenze), del -76% la Lombardia, del -90% la Puglia e del -88% circa l’Emilia Romagna. Tutte presentano comunque un numero di ore di CIG notevolmente superiore a quelle pre-Covid.
Prosegue invece la selezione tra le imprese: -95 calzaturifici nel primo semestre (saldo che sale a -179 imprese considerando anche i produttori di componentistica).
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