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Ecco il “Suino della Marca”: vincere sfida della zootecnia sostenibile attraverso biodiversità

Il progetto presentato in Regione. Carloni: "Prodotto identitario, di eccellenza, che parla delle Marche già nel nome"

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Presentazione Suino della Marca

Le Marche possono da oggi vantare una nuova, importante peculiarità. È stato presentato, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Palazzo Raffaello, il genotipo (patrimonio genetico) del “Suino della Marca”.

Alla conferenza stampa erano presenti Mirco Carloni, vice presidente della Regione Marche e assessore all’Agricoltura; il vice presidente del Consiglio regionale delle Marche, Gianluca Pasqui; Carlo Renieri, Università di Camerino; Andrea Bordoni, direttore generale Assam; Emiliano Baldi, direttore generale Baldi Srl.

“Le Marche sono la culla della biodiversità, un patrimonio che vogliamo fortemente incentivare. Il recupero genetico del Suino della Marca si inserisce perfettamente in questa strategia centrata sul recupero delle aree interne e dell’allevamento – ha evidenziato Carloni – Per realizzare questa progettualità abbiamo indicato la zootecnia come priorità in tutti i bandi del PSR; stiamo finanziando i mattatoi, la biosicurezza degli allevamenti, promuovendo l’aggregazione degli allevatori in un organismo di produttori. Crediamo fortemente nella suinicoltura e il mio sogno è che la razza autoctona Suino della Marca diventi il nuovo Pata Negra per le Marche. Può essere un prodotto identitario, di eccellenza, che parla delle Marche già nel nome”. Gianluca Pasqui ha evidenziato come quello presentato non sia “più un progetto, ma una realtà che va a inserirsi di diritto fra le unicità che caratterizzano la nostra regione. Si tratta di un progetto importante e di valore, anche perché si pone come obiettivo quello di recuperare le aree dell’entroterra a rischio spopolamento e maggiormente svantaggiate”. Per il prof. Carlo Renieri, “il Suino della Marca è stata una scommessa riuscita del sistema zootecnico regionale, grazie alla sinergia creata tra i vari soggetti interessati. La nuova gestione permetterà di migliorare ulteriormente le caratteristiche del tipo genetico. Non va sottovalutata la possibilità di diffusione dell’animale a livello nazionale e internazionale”. Andrea Bordoni ha rimarcato che “Il lavoro di selezione e miglioramento genetico non è ancora terminato e su questo aspetto occorre puntare, ad esempio, per consolidare un mantello rosso cintato che sarebbe l’unico esempio al mondo”.

Il Suino della Marca è stato creato a metà degli anni 2000, su specifica richiesta dei Consorzi di produzione che lamentavano la mancanza di un tipo genetico autonomo marchigiano. Particolare interesse era venuto dal Consorzio del salame di Fabriano e dai produttori di ciauscolo. I fondi sono stati attinti dalla legge regionale 37/99 che finanziava la ricerca e la sperimentazione agricola e zootecnica. A oggi la proprietà del “Suino della Marca” è della società Impronta Verde che proseguirà nell’opera di miglioramento con un apposito programma approvato di selezione genetica. Baldi Srl si pone come nuovo attore all’interno di questo progetto insieme a Impronta Verde, con l’obiettivo di valorizzare il territorio, qualificare una filiera che adotta pratiche sostenibili di allevamento e fornire al consumatore una carne eccellente sotto tutti i punti di vista. “Il Suino della Marca con le sue caratteristiche permette di perseguire le tendenze sempre più importanti nel consumo delle carni che richiedono filiere corte, metodi di allevamento e produzione naturali, forti attinenze con i territori di produzione (km 0) – ha detto Emiliano Baldi – Vogliamo perseguire un progetto di società benefit concretamente realizzabile con un sistema di allevamento che recuperi i territori spopolati e terremotati pedo-appenninici, sfruttando le doti di pascolatore di questo animale che lo rende perfetto per un sistema brado e all’aperto”.

SCHEDA – Già nel 1927, il dott. Mascheroni nella sua “Zootecnia speciale” scriveva di un “maiale marchigiano” che, nella sua variante montana, largamente utilizzata per la ricerca dei tartufi, presentava taglia ridotta, mantello nero e carne assai saporita. Nel tempo, questa razza è stata sostituita da altre con migliori performance produttive, ma con caratteristiche della carne inferiori e scarsa attitudine pascolativa. Il percorso per ottenere una razza richiede un lungo periodo e si è arrivati nella fase di meticciamento e selezione per fissare i caratteri desiderati, scegliendo i migliori genotipi, fra la grande variabilità creata dall’eterosi (miglioramento per incrocio di linee genetiche pure – N.d.R.). Gli incroci sono stati realizzati presso una struttura chiusa, senza possibilità di accesso al pascolo, per cui la selezione dei riproduttori, nelle varie fasi, non ha preso in considerazione quei caratteri connessi con l’adattamento al pascolo. Da un punto di vista zootecnico, il Suino della Marca è una razza sintetica, costituita dall’apporto genetico di tre razze: la Cinta senese, la Large White italiana e la Duroc italiana. Le tre razze sono state scelte per apportare al Suino della Marca la rusticità (Cinta senese), la capacità materna (Large White italiana) e la carnosità (Duroc italiana). Il Suino della Marca è quindi un animale rustico, che ha recuperato la capacità di pascolamento che era tipica dei suini autoctoni, che partorisce e svezza un numero elevato di suinetti e ha buoni accrescimenti ponderali, buona resa al macello e carni di qualità. È una specie che vive e si alleva anche allo stato semi-brado nei territori delle Marche, il cui patrimonio genetico, le abitudini alimentari e l’allevamento rispondono a caratteristiche uniche che consentono di trattare la carne senza conservanti o additivi. Queste caratteristiche danno, come risultato, una razza di suini le cui qualità, nettamente riconoscibili, sono molto apprezzate e superiori da mangiare rispetto ai convenzionali suini allevati con metodi intensivi. Il Suino della Marca può essere allevato all’aperto, in territori tipicamente appenninici, dove altri tipi di impiego sono difficili. Inoltre, il pascolo semibrado, all’aperto, si presta al ripopolamento di aree regionali da sempre interessate da progressivo abbandono. Le filiere regionali dei salumi possono beneficiare di una materia prima riconoscibile e con forte connotazione territoriale; proprio la forte caratterizzazione anche del mantello dei suini, rosso cintato o nero, contribuisce a una maggiore riconoscibilità internazionale.

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