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Le Marche protagoniste all’apertura del Micam di Milano con il ministro Giorgetti

Acquaroli, Carloni e Castelli: "Puntare sulle filiere". Il ministro: "Superare il ritardo infrastrutturale che penalizza la regione"

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Carloni, Acquaroli e Catelli al MICAM 2021 di Milano

“Incontro le Marche a Milano perché sono una delle regioni più irraggiungibili d’Italia. Il Governo nazionale dovrà assumere le decisioni opportune per superare finalmente questa criticità”.

Lo ha detto il ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, partecipando all’apertura istituzionale della 92′ edizione del Micam: il Salone leader a livello mondiale della calzatura, promosso da Assocalzaturifici, che ospita 655 espositori fino al 21 settembre. “L’insistenza dei marchigiani mi ha portato qui”, ha rimarcato il ministro, intervenuto al taglio del nastro e alla manifestazione di apertura del Salone, quest’anno dedicata alle imprese calzaturiere marchigiane. Un focus a più voci sui modelli di business del comparto, in un’edizione, ha sottolineato Giorgetti, che “non segna una ripartenza, ma un vero rinascimento, perché non rimettiamo in moto solo un settore economico, ma rilanciamo una vocazione imprenditoriale. Questo grazie alle scelte del Governo che hanno portato a riaprire il Paese, ma rispettando ulteriori regole. Abbiamo introdotto queste regole non per limitare la libertà, ma per aumentare le possibilità di incontro. È necessario entrare sui mercati internazionali, in una fase in cui riapre il mondo. Le filiere della calzatura e del tessile hanno pagato di più per le chiusure e lo Stato deve essere al loro fianco. Abbiamo bisogno di fare sistema ed è positivo che, dalle istituzioni del territorio, arrivino proposte organiche di rilancio”.

La manifattura marchigiana, ha sottolineato il presidente della Regione Francesco Acquaroli, “vanta un’altissima professionalità su cui investire per continuare a mantenere il lavoro e lo sviluppo nelle Marche. Questa edizione del Micam ci riapre alla socialità e offre nuova spinta per rilanciare un settore economico già in sofferenza precedentemente. Dobbiamo vincere la sfida del credito, dell’innovazione, della digitalizzazione per poterci affermare, con nuove energie, sui mercati internazionali. Dobbiamo vincere anche la sfida dell’aggregazione, per potenziare la nostra capacità produttiva che è un’eccellenza nazionale. La globalizzazione ce lo impone, la crisi in corso ancora di più”.

Le Marche, ha ribadito il vicepresidente Mirco Carloni, “vantano tante micro imprese che dobbiamo vendere sui mercati. La sfida è quella di riuscire a sfruttare il recovery per finanziare, in modo strutturale, le filiere. L’epoca del metalmezzadro è finita, dobbiamo puntare su un modello economico innovativo rappresentato dalle filiere. È un impegno che, insieme agli altri assessori regionali alle Attività produttive, stiamo sviluppando e stiamo portando all’attenzione del ministro. Pensiamo a un sistema di valorizzazione della filiera della moda, da rafforzare con trasferimento tecnologico, ricerca, innovazione e sviluppo sui mercati esteri, d’intesa con il Mise. Se riusciremo a costituire un’aggregazione di filiere, le Marche scaleranno le vette in tutti i settori. Filiere che andranno aiutate, però, non con aiuti, ma con stimoli alla crescita e alla competitività”.

Una base di partenza c’è già: come sottolineato dall’assessore al Bilancio Guido Castelli, “con la nuova programmazione comunitaria le Marche beneficeranno, fino al 2027, di un miliardo e 100 milioni di euro per lo sviluppo economico e per le tutele sociali. Sono 720 milioni del Fesr (sviluppo regionale) e 320 del Fse che finanzia anche la formazione. Al ministro abbiamo chiesto di valutare la possibilità di estendere la decontribuzione al 30% anche alle aree di crisi complessa delle regioni in transizione (quelle con un Pil tra il 70 e il 90% della media Europea), come lo saranno le Marche nel prossimo settennio. Quindi le risorse ci sono, vanno gestite bene e spese bene. La parte pubblica deve investire su sé stessa per evitare che dietro i geroglifici della burocrazia, i calzaturieri abbiano difficoltà a rendicontare un investimento”.

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