Rifondazione Comunista Marche sul nuovo piano industriale annunciato da Elica S.p.A
"Occorre una risposta forte e immediata che veda nascere attorno ai lavoratori una ampia e decisa mobilitazione sociale"
Appena due mesi fa con la solita prosopopea da “capitano coraggioso” che sfida i marosi del mercato e lancia la sua azienda verso la modernità, il padrone dell’ Elica, Casoli, annunciava la prossima edizione di un nuovo piano strategico per rilanciare l’azienda chiedendo al sindacato un “patto tra produttori” che avrebbe garantito la stabilità occupazionale e prosperità per il territorio.
Mercoledì 31 marzo, issata sulla tolda la bandiera pirata ecco l’amara sorpresa : un piano industriale che prevede oltre 400 esuberi, la chiusura dello stabilimento di Cerreto D’Esi, il ridimensionamento di Mergo, la delocalizzazione verso est di gran parte dell’ attività produttiva. Tutto questo come ringraziamento per i sacrifici che in tempo di Covid, i lavoratori hanno fatto, anche a rischio della propria salute , per garantire la produzione e non solo, come lo stesso comunicato dell’ Azienda testimonia, nonostante le istituzioni nazionali e territoriali abbiano in via diretta ed indiretta sostenuto l’impresa con cospicui trasferimenti.
“Stessa faccia stessa razza” recita un proverbio greco, e nel caso dell’ azienda guidata da Casoli rampollo dei Merloni e dei Pieralisi, “padroni delle ferriere” si vedono tutti gli stigmi di tragedie già vissute che hanno desertificato il panorama industriale della provincia e della Regione. E’ ovvio che occorre una risposta forte e immediata che veda nascere attorno ai lavoratori una ampia e decisa mobilitazione sociale, visto tra l’altro che dalla Regione Marche, non poteva essere altrimenti, arriva un flebile e imbarazzato comunicato scritto con il cappello in mano e il doveroso inchino.
Non è questo il tempo delle polemiche ne delle riflessioni sull’esagerata fiducia concessa a Casoli e alla sua impresa. Questo è il tempo della determinazione. Intanto ricordiamo che la regione Marche ha tra le sue leggi ( un lascito della presenza di Rifondazione Comunista in Consiglio Regionale) una che consente la rivalsa e la richiesta di restituzione di tutti i fondi pubblici erogati in via diretta o indiretta alle aziende che delocalizzano.
Occorrerebbe, chiedere che venga immediatamente attivata per costituire con quelle risorse un fondo e per sostenere i lavoratori e per permettere al territorio di progettare alternative come l’autogestione di alcune attività. Se i lavoratori lo riterranno necessario, si dovranno costruire le condizioni per fermare lo spostamento degli impianti e mantenere il controllo dei siti produttivi, il che richiede che le comunità locali a partire dai consigli comunali deliberino le forme per sostenere questa lotta.
Infine , ci pare, mentre si sta discutendo del Recovery Fund in cui si destinano faraoniche e immaginifiche realizzazioni, bisognerà pretendere invece che, sin d’ora i fondi siano impiegati per salvaguardare l’occupazione e una storia importante di professionalità operaie. Le prossime settimane saranno decisive, la storia di questi anni deve insegnarci che il solo obbiettivo realistico è quello che si pensa impossibile, gli altri ai lavoratori hanno regalato solo marginalità e cassa integrazione e al territorio migliaia di senza lavoro.
Da Rifondazione Comunista Marche
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