Tutti entro i limiti di legge i punti campionati sulla costa delle Marche
Nel mirino ci sono sempre canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico, causato da cattiva depurazione o scarichi illegali, arriva in mare
Tutti entro i limiti di legge i punti campionati sulla costa delle Marche. Nel mirino ci sono sempre canali e foci, i principali veicoli con cui l’inquinamento microbiologico, causato da cattiva depurazione o scarichi illegali, arriva in mare.
È questa in sintesi una fotografia scattata lungo le coste delle Marche da un team di tecnici e volontari di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane. I risultati del monitoraggio sono stati presentati nel corso di una diretta Facebook da Legambiente Marche.
Per la prima volta quest’anno la campagna ambientalista non segue il classico itinerario coast to coast a bordo dell’imbarcazione, che si prende una piccola pausa nel rispetto delle restrizioni per il distanziamento fisico imposte dalla pandemia. Il viaggio ideale lungo la Penisola vive infatti di una formula inedita, ma che ugualmente punta a non abbassare la guardia sulla qualità delle acque e sugli abusi che minacciano le coste italiane.
La 34esima edizione di Goletta Verde vede come partner principali CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, e Novamont, azienda leader a livello internazionale nel settore delle bioplastiche e dei biochemicals. Partner sostenitore è invece Ricrea, Consorzio nazionale per il riciclo e il recupero degli imballaggi in acciaio. La campagna 2020 è inoltre realizzata con il contributo di Fastweb. Media partner è la Nuova Ecologia.
Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde
È bene ricordare che il monitoraggio di Legambiente non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, ma punta a scovare le criticità ancora presenti nei sistemi depurativi per porre rimedio all’inquinamento dei nostri mari, prendendo prevalentemente in considerazione i punti scelti in base al “maggior rischio” presunto di inquinamento, individuati dalle segnalazioni dei circoli di Legambiente e degli stessi cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. Foci di fiumi e torrenti, scarichi e piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge rappresentano i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta alla insufficiente depurazione dei reflui urbani o agli scarichi illegali che, attraverso i corsi d’acqua, arrivano in mare. Le località costiere, inoltre, spesso pagano problematiche che si estendono fino ai comuni dell’entroterra. La denuncia sulle carenze depurative da parte di Legambiente vuole provare a superare questo deficit cronico, anche per tutelare il turismo e le eccellenze dei territori. Il monitoraggio delle acque nelle Marche è stato eseguito il 6 e il 7 luglio scorsi da volontari e volontarie dell’associazione.
I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come “inquinati” i campioni in cui almeno uno dei due parametri supera il valore limite previsto dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli in cui i limiti vengono superati per più del doppio del valore normativo.
Nelle Marche sono stati due i punti campionati nella provincia di Pesaro Urbino: si tratta della foce del fiume Foglia a Pesaro e della foce del torrente Arzilla a Fano.
Due i punti analizzati anche nella provincia di Ancona, uno sulla spiaggia a 30 metri a sud della foce del fiume Misa, nel comune di Senigallia, e sulla foce del fiume Esino, in località Rocca Priora a Falconara.
Sempre due i punti indagati da Goletta Verde in provincia di Macerata, entrambi in spiaggia, presso la foce del fosso Asola tra i territori comunali di Civitanova Marche e Potenza Picena, e presso la foce del Fosso del Castellano a Civitanova Marche.
Entro i limiti inoltre il punto analizzato sulla foce del fiume Musone, tra i comuni di Numana e Porto Recanati, al confine tra le province di Ancona e Macerata.
In provincia di Fermo è stato campionato il punto in spiaggia presso la foce fosso dell’Albero a Porto Sant’Elpidio e il punto sulla foce del torrente Valloscura sul Lido di Fermo.
Tre, infine, i punti analizzati in provincia di Ascoli Piceno, sulla foce del torrente Tesino a Grottammare, sulla foce del torrente Albula a San Benedetto del Tronto e sulla foce del Tronto, nella Riserva naturale regionale Sentina, sempre ricadente nel comune di San Benedetto.
“Nonostante i monitoraggi di questa edizione abbiano dato risultati entro i limiti di legge, non possiamo permetterci di abbassare la guardia – commenta Marco Ciarulli, direttore di Legambiente Marche – il ritardo nella partenza della stagione balneare e la lenta ripresa dopo il lockdown rappresentano condizioni di contesto molto differenti dagli scorsi anni. Non possiamo dimenticare che la Regione Marche, da 13 anni, viola palesemente le norme europee in materia di raccolta o trattamento delle acque reflue urbane. Riteniamo più che mai urgenti i lavori di adeguamento del sistema di depurazione per tutelare i nostri corsi d’acqua, il nostro mare e aprire nuove possibilità di sana valorizzazione del nostro territorio”.
Permangono le criticità sulla cartellonistica informativa rivolta ai cittadini che, nonostante sia obbligatoria ormai da anni per i Comuni, non viene ancora rispettata. Indicazioni che hanno la funzione di divulgare al pubblico la classe di qualità del mare e i dati delle ultime analisi. Solo in due punti sui 12 attenzionati è presente il cartello di informazione sulla qualità delle acque, mentre solo su una delle foci indagate è stato trovato il cartello di divieto di balneazione. Si tratta di luoghi non adibiti alla balneazione ma spesso a ridosso di spiagge libere e stabilimenti balneari.
Anche per l’edizione 2020 il CONOU, Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e Trattamento degli Oli Minerali Usati, affianca, in qualità di partner principale, le campagne estive di Legambiente, Goletta Verde e di Goletta dei Laghi. Nel 2019 il CONOU ha provveduto nelle Marche alla raccolta di 5.317 tonnellate di olio lubrificante usato. L’olio minerale usato è un rifiuto pericoloso che, se smaltito impropriamente, può determinare gravi effetti inquinanti. Se gestito e rigenerato correttamente, può divenire una risorsa preziosa che torna a nuova vita sotto forma di basi lubrificanti.
“Preservare l’integrità degli ecosistemi acquatici è un obiettivo centrale per il CONOU, impegnato da 36 anni ad evitare che un rifiuto pericoloso come l’olio lubrificante usato possa danneggiare i nostri mari e laghi. Basti pensare che, dall’inizio della sua attività, il Consorzio ha salvato dall’inquinamento una superficie grande due volte il mar Mediterraneo” dichiara Paolo Tomasi, Presidente del CONOU.
L’erosione costiera nelle Marche
Nelle Marche il litorale si sviluppa complessivamente per 176 km, di cui 141 di coste basse. Già negli anni Settanta risultavano accentuati i fenomeni di erosione costiera, in diverse zone del litorale, specialmente quelle a più precoce sviluppo economico e turistico balneare e quelle coinvolte dal tracciato costiero della ferrovia, coinvolgendo circa 25-30 km di costa (il 25% circa del totale del litorale sabbioso). Secondo l’Atlante delle Spiagge curato dal CNR nel 1997 i km di erosione erano diventati 57 (oltre il 40% del totale), mentre nel 2006 la rivista “Studi costieri” registrava 78 km di erosione, vale a dire il 54% del totale in regione.
Gli ultimi dati regionali sono riferiti al 2012 e riportano la presenza di 81 km di tratti di litorale in erosione, con una perdita di arenile stimata in circa 540 mila metri quadrati nel periodo 2000-2012, cui vanno aggiunti 1,4 milioni di metri quadrati erosi censiti dal Ministero dell’Ambiente per il periodo 1950-2000.
Al di là delle cifre, è innegabile che il trend erosivo nelle Marche, come nella stragrande maggioranza delle regioni costiere italiane, sia in costante aumento, nonostante la costruzione di barriere e pennelli su oltre 100 km di costa.
Tra le zone maggiormente colpite dall’erosione costiera ci sono Montemarciano (Ancona) e Porto Sant’Elpidio(Fermo). Inoltre l’erosione continua ad imperversare anche a sud. Quasi tutta la spiaggia nella Riserva Naturale della Sentina è infatti soggetta ad erosione, mettendo a rischio i laghetti salmastri e la Torre del Porto.
Al 2000 la Regione Marche aveva già messo in opera 749 strutture rigide e nel periodo tra il 2005 e il 2013 ha effettuato ripascimenti per quasi 1 milione di metri cubi di sabbia e ghiaia. Tuttavia, come in altre regioni, si registra un evidente scollamento tra gli sforzi messi in opera (e le relative risorse economiche impegnate) e gli effettivi risultati raggiunti, che invece registrano un peggioramento della erosione anche nelle zone cosiddette protette.
In questo senso, anche il nuovo piano delle coste della Regione (il PGIAC del 2019) non mette comunque in discussione l’approccio tradizionale, tanto che nel nuovo Piano sono previsti 28 km di nuove scogliere e 37 nuovi interventi strutturali per un totale di 288 milioni di euro nei dieci anni di programmazione. Un fatto è evidente: il sistema costiero marchigiano non è in equilibrio da tempo, e sarebbe quindi fondamentale intervenire sulle cause scatenanti di questa erosione, la cui escalation sembra sempre più legata alla presenza delle opere rigide realizzate e alla conseguente alterazione della dinamica della corrente litoranea di fondo. Il fenomeno dell’innalzamento del livello marino e il minore apporto solido dai fiumi da soli non giustificano, infatti, il grado di erosione registrato.
“Occorrerebbe riflettere seriamente su nuovi studi e interventi per semplificare e non complicare ulteriormente il sistema naturale costiero – aggiunge Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche – attraverso un monitoraggio frequente della morfologia costiera allo scopo di analizzare in dettaglio il trasporto litoraneo delle sabbie, con l’obiettivo di mantenere il più possibile una struttura di difesa naturale, rappresentata in primis dalla spiaggia emersa/sommersa e dalla sua capacità resiliente, ed evitando infine irrigidimenti della costa che non sono coerenti con la sua naturale dinamicità tutto questo considerando che la costa marchigiana vede circa il 60% sparito sotto il cemento”.
“La tutela della costa e del mare rappresentano sfide urgenti non più procrastinabili, come l’istituzione delle due aree marina protette che ancora non vedono la luce. Se vogliamo davvero contrastare i cambiamenti climatici, dobbiamo mettere in piedi tutte le azioni possibili e la qualità del nostro mare e tutte le azioni virtuose ad esso collegate sono strumenti preziosi che non possiamo abbandonare”, conclude Pulcini.
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