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Decreto Coronavirus, Cgil Marche chiede modifiche

"Non tutto il commercio al dettaglio è di prima necessità"

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cocktail, alcol, bottiglie di alcolici, bar, somministrazione di bevande alcoliche

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo deve essere corretto.

Le attività del commercio al dettaglio previste nell’allegato 1 possono in larga misura non essere considerate tutte “di prima necessità” e l’approvvigionamento di prodotti alimentari può essere ugualmente garantito restringendo il nastro orario di apertura durante la settimana e chiudendo almeno la domenica.
Così come riteniamo che un identico correttivo vada adottato anche per le attività dei servizi di ristorazione sempre previsti nell’art 1 del DPCM.

“Non possiamo far finta di condurre gli stessi stili di vita” afferma la segretaria generale della Filcams Cgil Maria Grazia Gabrielli, “perchè la situazione ci impone dei cambiamenti necessari, come sintetizzato nel messaggio #iorestoacasa. Mentre il DPCM dell’11 marzo va nella direzione opposta: continuare sempre aperto 365 giorni l’anno e h24”.

Dopo l’annuncio del premier Conte dell’11 marzo e conseguente DPCM, sull’estensione a tutta Italia delle misure di contenimento del contagio da coronavirus, in diverse città, così come era già avvenuto dal mese di Febbraio i supermercati sono stati presi d’assalto da tante persone terrorizzate che hanno ritenuto indispensabile fare acquisti immediati.

Gli addetti del commercio – e i lavoratori dei servizi in appalto e del turismo – continuano a prestare il loro servizio spesso, come è evidente dall’azione di denuncia del sindacato e degli stessi lavoratori, lamentando il mancato rispetto delle norme di sicurezza, delle previsioni sulle distanze, dei dispositivi di protezione, del divieto di assembramento. Denunce e scene che hanno fatto il giro di televisioni e social e che dimostrano la vulnerabilità di questi luoghi di lavoro, ma il Governo non solo non è intervenuto, ma nell’inasprire le restrizioni a tutto il paese non ne ha tenuto conto.

In queste, come nelle prossime settimane, quindi, esercizi commerciali, mense, pulizie negli ospedali e nei luoghi pubblici, vigilanza, farmacie, ristorazione in concessione, resteranno attive per garantire servizi e attività che gli stessi DPCM stanno considerando servizi di pubblica utilità se non essenziali.

“Se gli addetti di questi settori devono essere in prima linea, come lo sono dal 23 di febbraio, la loro tutela è una precondizione fondamentale e va rispettata e praticata con altrettanto straordinarietà” prosegue la segretaria generale “in assenza di correttivi che contemperino servizi di utilità, servizi essenziali e sicurezza, l’alternativa è il fermo e la chiusura per tutelare le lavoratrici e i lavoratori.”

“Di questa situazione devono farsi carico certo le aziende, le stazioni appaltanti, i committenti pubblici e privati, ma anche le istituzioni nazionali e locali, dai Prefetti ai Governatori delle Regioni ai Sindaci, che hanno la responsabilità della salute dei cittadini.”

Siamo consapevoli che dalla paura del contagio si passa alla paura di restare senza stipendio o domani senza lavoro. L’emergenza legata al Coronavirus segnerà profondamente il tessuto economico del paese con un’esposizione rilevante dei settori del turismo, del commercio e dei servizi. Alla crescita delle vendite dell’alimentare fa da contrappeso negativo il calo dei consumi nel no food con centinaia di negozi che già in queste ore – con o senza Decreti – stanno comunque chiudendo o lavorando con forti contrazioni e la cui sostenibilità è difficile da prevedere.
Bar, ristoranti, alberghi, l’intera filiera del turismo è già stata impattata profondamente e migliaia sono già le richieste di interventi agli ammortizzatori sociali per sostenere il reddito dei lavoratori e non disperdere professionalità. Così come, la chiusura delle scuole ha lasciato a casa fino al 3 aprile oltre 50mila addette mensa.
“Abbiamo condiviso le dichiarazioni di esponenti del Governo che hanno detto che in questa crisi nessuno perderà il lavoro, per questo auspichiamo un intervento sugli ammortizzatori in cui nessuno venga lasciato indietro a partire dalle figure più fragili del mercato del lavoro spesso invisibili, come i lavoratori stagionali, i contratti a termine, i portieri degli stabili, le colf e le badanti, gli addetti degli studi professionali” conclude Gabrielli. “Abbiamo bisogno di rallentare oggi per ripartire domani, ma c’è bisogno di un progetto comune che guardi già ad investire sul futuro. Un futuro dove il terziario, i servizi, possono continuare a svolgere un ruolo rilevante e l’intera filiera del turismo può essere valorizzata e rilanciata come una filiera speciale e strategica per il nostro paese.”

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