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“Negozi aperti a Pasquetta nelle Marche: la grande distribuzione forza il diritto alla festa”

Protesta la CISL Marche: "Riaprire il tema della disciplina degli orari. Dire no al lavoro festivo e rinunciare agli acquisti"

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Pasquetta sarà giorno di ordinaria apertura in molti esercizi commerciali delle Marche. Terra generosa, quella marchigiana, che offre mare pulito, borghi medievali e prati verdi, ma che vedrà di scena per Pasqua l’apertura dei grossi centri commerciali ubicati nelle periferie.

Colossi incastonati fra gli stabili delle zone industriali e commerciali faranno quindi a gara per richiamare quel turismo mordi e fuggi che da sempre è il nostro biglietto da visita per la stagione estiva. Nulla a che fare dunque con le aperture finalizzate a supportare il turismo, dietro il quale è facile nascondersi, ma semplice richiamo al consumo fuori dai centri abitati magari per alzare di qualche spiccio i fatturati dell’anno.

E’ la scelta degli IperSimply del gruppo Sma, degli ipermercati La Grande i di Pesaro e Macerata, di alcuni ipermercati Oasi del gruppo Gabrielli, degli Eurospin, del Carrefour, ma anche di tanti operatori specializzati quali Ikea, Unieuro, Bricocenter dove gli acquisti possono e debbono essere differiti in altre giornate.

E in gioco c’è sempre il lavoro di tanti addetti che se da un lato possono rivendicare il diritto ad astenersi dal lavoro festivo, dall’altro sono destinatari dei tanti escamotage che i datori di lavoro dal 2012 (anno della liberalizzazione delle aperture) ad oggi hanno adottato.

C’è chi inserisce la festività di Pasquetta nell’orario settimanale, come se fosse orario ordinario, costringendo l’addetto che vuole godere della festività a farne specifica richiesta al suo superiore, o chi, come Carrefour, che nella periferia di Ancona inserisce tra le attività del giorno di Pasquetta gli inventari annuali; una prestazione che normalmente consente la chiamata allo straordinario per la conta delle rimanenze. L’obiettivo è chiaro: aggirare l’ostacolo della volontarietà delle prestazioni festive ed aprire i battenti con il maggior presidio possibile, anche se alla fine magari i fatturati non saranno quelli aspettati e l’apertura si rifletterà in termini negativi anche sui risultati dell’esercizio.

La corsa a non perdere quote di mercato è la giustificazione più gettonata nei pochi tavoli di confronto che siamo riusciti ad aprire in questi giorni con le aziende della Federdistribuzione, troppo abituate a fare da sé, risolvendo con forzature e ricatti il problema dei presidi. Futili ragioni che però riconducono ad una questione innegabile. Il decreto “Salva Italia” di Monti che ha dato il via alla apertura domenicale e festiva senza limiti, ha fallito miseramente il suo obiettivo. Il mercato non è in grado di autoregolamentarsi riducendo le aperture in base ai flussi turistici della regione e le aperture straordinarie non hanno prodotto occupazione aggiuntiva, ma solo maggiori carichi di lavoro per chi già un lavoro ce l’ha.

Occorre riaprire il tema della disciplina degli orari e riportare la competenza alle Regioni perché nulla hanno a che fare le aperture domenicali e festive con il diritto alla libera circolazione dei servizi sancito dalla direttiva Bolkstein che a dicembre 2017 ha compiuto ben 11 anni di vita. Serve l’azione di tutti, della politica, dei cittadini e degli stessi addetti del settore. La posta in gioco è alta si chiama etica del lavoro: un lavoro che nel 2018 non può disconoscere il tempo del riposo, della festa e della famiglia.

La nostra sarà una guerra silente fatta di un semplice no grazie al lavoro in Pasquetta dei lavoratori del settore e di una rinuncia all’acquisto a cui richiamiamo tutti i cittadini delle nostre belle città.

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