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Da 7.1 a 6.1: ecco perché tanta oscillazione nel calcolo della magnitudo

Carlo Meletti, responsabile dell’INGV: Non ci si può fidare dei dati disponibili in 1-2 minuti"

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Sismografo in azione

Subito dopo la terribile scossa avvertita alle 07.41 del 30 ottobre, superati i primi istanti di terrore, in moltissimi si sono attaccati a televisione, smartphone e computer ed hanno cercato di reperire informazioni su quanto successo, in special modo sull’entità del sisma. In tanti si sono chiesti perché c’è così tanta oscillazione nel calcolo della magnitudo del terremoto.

Prima 7.1, poi 6.1, poi 6.5: subito sul web è iniziata a serpeggiare la leggenda metropolitana sulla magnitudo “abbassata ad arte per non risarcire” e su fantomatiche teorie del complotto. Come nel caso del sisma del 24 agosto scorso, anche oggi c’è chi accusa l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di aver corretto “al ribasso” le stime sulla magnitudo del terremoto, per evitare che lo Stato debba pagare i danni delle scosse. Naturalmente si tratta di una bufala bella e buona. Ad onor del vero le misurazioni iniziali dell’Ingv parlavano di 6.1; il dato è stato poi rivisto a 6.5 (quindi non declassato, ma alzato) ed era comunque ancora suscettibile di modifica.

A fare un po’ di chiarezza una volta per tutte ci hanno pensato diversi portali scientifici tra cui quello di Focus che ha illustrato nel dettaglio il processo di misurazione e localizzazione di un terremoto che avviene in più fasi.

Come ha spiegato su Facebook il geologo Carlo Meletti, responsabile del Centro Pericolosità Sismica dell’INGV, quando si valuta la magnitudo di un terremoto, non ci si può fidare dei dati disponibili in 1-2 minuti, come invece fanno l’Usgs, il servizio geologico statunitense, o il CSEM, l’European-Mediterranean Seismological Centre.

Questi enti danno infatti dati sulle magnitudo in modo automatico, mentre quelli dell’INGV sono ricavati in modo più capillare sul territorio italiano, incrociando i dati delle stazioni che registrano il sisma, che possono essere anche centinaia. Ecco perché i dati dell’INGV escono dopo gli altri.

Come spiegato sul sito dell’istituto, “in 2 minuti dalla scossa escono i dati preliminari e automatici sulla sua localizzazione e intensità provenienti dalle stazioni sismiche più vicine; in 5 minuti arrivano quelli registrati da tutta la rete nazionale. A questo punto i sismologi, “analizzano i dati, individuano i tempi con cui le onde P ed S arrivano alle diverse stazioni ed elaborano una localizzazione ed una magnitudo estremamente precise che vengono comunicate al Dipartimento della Protezione Civile entro 30 minuti dall’evento (in media dopo circa 10-15 minuti)”. L’informazione viene a questo punto diffusa ai cittadini”.

Nel dettaglio, ecco le fase di misurazione:

“Fase 1- A 2 minuti da un evento sismico avviene una valutazione automatica, basata sui dati inviati dalle stazioni sismiche più vicine all’evento. In questa prima fase è possibile avere una prima stima della posizione dell’epicentro, della profondità e della magnitudo del terremoto.
Fase 2- A 5 minuti dal sisma si valutano i dati disponibili dai sismogrammi di tutte le stazioni della Rete Sismica Nazionale interessate dal terremoto. Questa seconda stima, sebbene ancora automatica, risulta essere più precisa della precedente.
Fase 3- Entro 30 minuti dall’evento (in media dopo circa 10-15 minuti), i sismologi della Sala Operativa di Monitoraggio Sismico valutano tutte le stime, analizzano i dati disponibili, individuano i tempi con cui le onde P ed S arrivano alle diverse stazioni. In questa terza fase la stima della magnitudo e la localizzazione non avvengono in modo automatico, ma sono elaborate dai sismologi in modo estremamente accurato. Solo a questo punto i dati e le stime precise vengono comunicati al Dipartimento della Protezione Civile.”

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