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Marche, le strade per lo sviluppo economico

Convegno organizzato da Unioncamere e Univpm. Le Marche che verranno sono quelle del terziario, crisi certificata per manufatturiero

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Convegno Unioncamere su sviluppo economico delle Marche

Le Marche che non ci sono più. Sono quelle dello sviluppo industriale nella regione più manifatturiera d’Italia grazie a settori come il tessile, l’abbigliamento, il calzaturiero, la meccanica e il mobile. Settori che prima della crisi contribuivano per il 40 per cento al Pil regionale ed oggi sono scesi sotto il 30 per cento.

Le Marche che verranno. Sono quelle del terziario e del benessere grazie a settori come il turismo, la cultura, l’enogastronomia, i servizi alla persona e alle imprese. Già oggi contribuiscono al 70 per cento del Pil regionale e sono destinate a crescere ancora.

Le strade per il nuovo modello di sviluppo delle Marche sono state tracciate ad Ancona in un convegno organizzato da Unioncamere e Università Politecnica delle Marche. Dopo i saluti del presidente Unioncamere Marche Graziano di Battista, del presidente del Consiglio regionale delle Marche Antonio Mastrovincenzo e del rettore dell’Università Politecnica delle Marche Sauro Longhi, ne hanno parlato gli economisti Francesco Maria Chelli, Roberto Esposti, Marco Gallegati, Gian Luca Gregori, Tonino Pencarelli, Emmanuele Pavolini, Maria Giovanna Vicarelli, Sauro Longhi, Enzo Rullani. Sottocapitalizzazione, successione generazionale, debolezza manageriale nelle imprese di minori dimensioni sono solo alcuni dei problemi irrisolti del vecchio modello di sviluppo che è entrato in crisi.

“Ora” ha affermato il rettore della Politecnica Sauro Longhi“si tratta di trovare strade nuove e la partita si sposta nel campo della conoscenza. Il nuovo modello di sviluppo dovrà puntare sui cluster della conoscenza e sulle opportunità derivanti dal digitale, dal turismo, dalla cultura, dalle energie sostenibili, dalla qualità della vita”.

“Siamo in una fase di transizione dove il vecchio non funziona più e il nuovo non funziona ancora, con la manifattura che nella crisi ha perso il 25 per cento del Pil ed i distretti vanno ripensati. Ora vanno percorse strade nuove sui mercati globali e sulla rete” ha sostenuto l’economista Enzo Rullani della Venice International University, “ed è necessario che ognuno faccia la sua parte, a partire dalle istituzioni, in collaborazione con le Università, gli istituti di ricerca, gli enti camerali, le associazioni di categoria”.

Convegno Unioncamere su sviluppo economico delle Marche“Occorre” ha aggiunto il presidente Unioncamere Graziano Di Battista“investire con forza sul made in Italy e sulla formazione dei giovani e ripensare i modi con cui le imprese affrontano i mercati mettendo in rete i poli di conoscenza manageriale, tecnologica e imprenditoriale per valorizzare le produzioni manifatturiere di qualità sui mercati internazionali. Diversamente il declino sarà inevitabile.”

Intanto, a sostegno del sistema Marche, la Regione, ha messo in campo per quest’anno 33 milioni di euro di cui 6 milioni per un bando che finanzia l’innovazione nei settori del tessile, abbigliamento e calzature e altri 6 per il mobile. Inoltre 17 milioni sono stati destinati alle aree in crisi e 4,5 milioni per l’internazionalizzazione. Risorse che vengono tutte dai fondi Ue 2014-2020.

“La Regione Marche” ha ricordato il presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo, “punta con forza alla formazione di qualità per creare nuova occupazione soprattutto nel turismo, nella cultura e nell’ambiente.”

Una crisi, quella del sistema manifatturiero marchigiano certificata dai numeri. Tra il 2014 e il 2015 gli occupati nell’industria marchigiana sono scesi da 187.298 a 182.504, con la perdita di 4.794 posti di lavoro mentre altri 2.785 li ha persi l’edilizia. Al contrario, nei servizi gli occupati sono aumentati di 5.909 unità, passando da 385.460 a 391.369 ed anche in agricoltura gli occupati sono saliti da 14.471 a 15.519 (+1.048). Attualmente l’industria assorbe meno del 30 per cento dei 625 mila occupati marchigiani mentre nel terziario lavora il 68 per cento, con un residuale 2,4 per cento in agricoltura. Se poi si guarda al valore aggiunto prodotto dai diversi settori produttivi marchigiani, i risultati sono ancora più penalizzanti per l’industria, che concorre con il 28,7 per cento alla formazione dei 34.986 milioni di euro del Pil regionale. Una percentuale più alta rispetto alla media nazionale del 23,4 per cento ma in costante calo dall’inizio della crisi. Un freno alla competitività del nostro sistema produttivo viene anche dal valore aggiunto per occupato, che nella Marche è di 57.447 euro rispetto ad una media italiana di 61.935 euro.

E l’agricoltura?“Il 18 per cento della produzione agricola delle Marche viene dal frumento, prima regione italiana, con un basso valore aggiunto. Ma” ha sottolineato Roberto Esposti “è in atto una profonda riconversione grazie al ricambio generazionale in atto. Negli ultimi anni hanno aperto 159 agrobirrifici e mille agriturismi, un primato nazionale.”

Notevoli i margini di crescita nel turismo. Nel 2015 le presenze di turisti nelle Marche sono aumentate del 3,5 per cento. Il 18 per cento è venuto dall’estero e il 18,7 per cento si è mosso all’interno delle Marche, con il 18,4 per cento che ha scelto il mare e il 16,4 per cento le città d’arte. “Si devono” secondo Gregori e Pencarelli“ampliare i mercati attraverso l’offerta digitale, i sistemi turistici locali, gli alberghi diffusi, le nuove forme di offerta per il turismo enogastronomico, culturale, sportivo e per gli anziani”

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