Trivelle Zero contro lo Sblocca Italia: “Salviamo l’Adriatico, difendiamo le Marche”
Ecco l'agenda del movimento e le richieste a enti locali, Regione e governo in vista della manifestazione del 28 novembre
Dopo questi primi mesi di mobilitazione abbiamo voluto dare forma e sintesi alle rivendicazioni emerse dai nodi territoriali della rete Trivelle Zero in un’agenda unitaria che rappresenta le ragioni e i contenuti della manifestazione regionale del prossimo 28 novembre ad Ancona. Un’agenda che, pur restando aperta a successivi dibattiti e aggiornamenti, vuole essere un punto di arrivo per la scadenza promossa, e un punto di ripartenza per la fase successiva.
Un’agenda che vuole interrogare gli enti pubblici preposti e la politica tutta, dal governo nazionale agli enti locali comunali, passando per la Regione Marche e i Parlamentari eletti nel nostro territorio.
Consideriamo la sponsorizzazione da parte del summit Cop 21 di Parigi dei progetti e delle soluzioni di geoingegneria un falso e dannoso rimedio alle problematiche dei cambiamenti climatici e non una reale soluzione come il taglio delle emissioni; perciò ci opponiamo all’impiego di tecniche per il sequestro e il successivo stoccaggio di Co2 come quelle del “progetto Sibilla” nella zona di mare prospiciente la costa di Senigallia. Chiediamo al Governo nazionale di non sostenere questo indirizzo politico e agli enti locali coinvolti di esprimersi contrariamente al progetto Sibilla e/o di riconsiderare le posizioni precedentemente espresse.
Chiediamo al governo Renzi, a seguito dei due decreti (sugli undici totali) di compatibilità ambientale per prospezioni petrolifere che riguardano le coste marchigiane, emessi tra il 3 e il 12 giugno, per un totale di 3 milioni di ettari e che prevedono l’uso della tecnica dell’air-gun su vaste aree dell’Adriatico (considerato che l’emissione di queste potenti onde acustiche nel mare, per stessa ammissione del Ministero dell’Ambiente, può provocare un impatto consistente sulle biocenosi) di coinvolgere nel processo decisionale gli altri stati che si affacciano sull’Adriatico, quali Croazia, Montenegro ed Albania, attraverso una procedura di valutazione di impatto ambientale transfrontaliera.
I progetti di trivellazione a mare denominati “Bianca e Luisella” tra Cattolica Pesaro e Fano, e “Clara Sud Est” davanti ad Ancona, e quelli a terra “Monteporzio” nell’hinterland di Senigallia, e “Vasari2” a Recanati, rappresentano solo alcuni dei permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione di idrocarburi fra le tante che le disposizioni dello “sblocca Italia” prospetta ai petrolieri nell’immediato futuro.
Nella Regione apprezzata per le risorse turistiche, artistiche, culturali, per l’agroalimentare di qualità, per l’eccellenza enogastronomica, per la bellezza del paesaggio e modello di economia diffusa, è assurdo spacciare per interesse strategico “grandi opere” orientate a trasformarla in un reticolo di gasdotti che si snoda tra torri sui pozzi ed impianti di stoccaggio in profondità. Del resto i gravissimi danni associati alla eventuale concretizzazione di rischi sismici o idrogeologici vanificano ogni tentativo politico di accreditare, per esempio, gli impianti di estrazione di gas metano in luogo di quelli per il petrolio. Tra l’altro lo “sblocca Italia” prevede il cosiddetto “titolo unico“, che consente, in caso di esito positivo della ricerca, di procedere all’estrazione di qualunque tipo di idrocarburo senza necessità di ulteriori autorizzazioni.
Chiediamo quindi alla Regione Marche di opporsi senza ambiguità a tutto questo, assieme ai marchigiani, con tutti i mezzi di cui dispone, ed in particolare:
– revocando le proprie autorizzazioni già concesse, specie dove la procedura di Valutazione di impatto ambientale è ancora in corso presso il Ministero dell’Ambiente;
– mantenendo, a prescindere dalla recente scelta del Consiglio regionale di sostenere eventuali referendum abrogativi nazionali in materia, il ricorso alla Corte Costituzionale intrapreso dall’Amministrazione regionale nel gennaio scorso contro gli articoli 37 e 38 del DL 133/2014 (il cosiddetto Sblocca Italia), che ledono le competenze legislative regionali previste dall’articolo 117 della Costituzione in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, oltre che quelle di governo del territorio, nonché le competenze amministrative delle Regioni in base al principio di sussidiarietà stabilito nell’articolo 118 della Costituzione;
– adottando, e promuovendo urgentemente verso il governo nazionale, insieme ai parlamentari marchigiani e nella conferenza Stato/Regioni, una moratoria di tutti gli iter autorizzativi almeno fino al pronunciamento della Corte Costituzionale sui ricorsi delle sei Regioni promotrici e all’esito degli eventuali referendum in materia.
– la proroga avvenuta questo agosto da parte del Ministero dell’Ambiente di altri quattro anni della validità della VIA per il rigassificatore API, il recente decadimento dopo quindici anni dell’AERCA (Area ad Elevato Rischio di Crisi Ambientale) che ricopriva un’area vasta della Provincia di Ancona, con al centro Falconara, e la prossima scadenza della concessione datata 2003 da parte della Regione alla Raffineria API apre scenari complessi. Dello sbandierato “polo energetico ambientalmente avanzato” non vi è traccia e la situazione generale dal punto di vista ambientale, occupazionale, sanitario, non ha ricevuto le dovute risposte. Opporsi al paventato rigassificatore, e aprire un dibattito pubblico su monitoraggi, riconversione e bonifica delle aree interessate è un dovere di questa Amministrazione regionale.
Negli ultimi dieci anni il PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) tra luci e ombre (disimpegno sulle forme di approvvigionamento energetico come i rigassificatori e noto scandalo del biogas…) ha rappresentato un valido strumento di indirizzo politico che ha consentito lo sviluppo energetico da fonti rinnovabili e indicato la strada verso una conversione in senso ecologico del sistema produttivo. Ora alla vigilia del nuovo Piano per il prossimo quinquennio serve il coraggio di preludere a forme di superamento della Strategia energetica nazionale del Governo Monti, che insieme allo Sblocca Italia, è parte in causa dei problemi attuali.
Non è possibile accettare supinamente i costi e gli impatti di “stoccaggi, elettrodotti, e perforazioni”, escludendoli dall’indirizzo del nuovo PEAR, e limitarlo alla prescrizione di raggiungimento di standard energetici da fonti rinnovabili, in un settore attuale come quello marchigiano, fino a qualche anno fa volano trainante di crescita economica ma che ora sconta una forte crisi, anche occupazionale, e anche perché non adeguatamente sostenuto.
Chiediamo ai consigli comunali degli enti locali marchigiani di opporsi alle trivellazioni a terra e in mare con apposite delibere e mozioni consiliari, e ove opportuno e secondo le competenze dell’ente locale coinvolto, con ricorsi amministrativi. Chiediamo ai parlamentari marchigiani di sostenere le vertenze di questa agenda sia con interrogazioni in Parlamento che in ogni altro modo nello svolgimento delle proprie funzioni istituzionali.
Esprimiamo contrarietà al Progetto del mega gasdotto “Rete Adriatica” del gruppo SNAM. Questo ecomostro ha un tracciato sotterraneo che parte da Brindisi ed arriva nel nord Italia attraversando l’Appennino, distruggendo contesti sociali ed economici territoriali e deturpando in modo indelebile aree di alto valore ambientale, culturale e paesaggistico. Inoltre le zone appenniniche sono ad alto rischio sismico e non si comprende la presunta necessità strategica di questa opera anche alla luce del fatto che i consumi di gas naturale sono diminuiti nel nostro paese. Chiediamo alle istituzioni, in primis alla Regione di riaprire immediatamente un concreto dibattito pubblico sulla necessità e i costi di questa opera ricoinvolgendo, tutti i soggetti interessati.
L’Assemblea generale di Trivelle Zero Marche, verso la manifestazione regionale del 28 novembre
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